Questo 2022, che si avvia al lungo tramonto autunnale, era stato dichiarato dall’Onu anno internazionale dello sviluppo sostenibile delle montagne. Sarà ricordato come l’anno della guerra in Ucraina. Doveva essere l’anno di ripresa per la fine della pandemia, di una nuova fiducia per il futuro, dei grandi progetti di cambiamento. Sarà ricordato come l’anno della speranza sospesa. Ma quest’anno ricorre anche il centenario del parco nazionale del Gran Paradiso. Piccola cosa, si dirà. Vero, ma utile a distrarci. A meno che non si cada in una delle facili derive mielose che piacciono al marketing.
Nel celebrare l’evento, facciano attenzione le menti preposte a non usare la vuota categoria della “bellezza”, riferita al parco. Fin dai primi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale il grande direttore Renzo Videsott fece di tutto per emancipare il parco dall’etichetta di “cattedrale della bellezza alpina”, come aveva voluto chi aveva istituito l’area protetta al tempo del fascismo. Era proprio l’idea di “pittoresco”, retaggio di un romanticismo idealizzante ma superficiale, che Videsott voleva superare.
La legge fascista N. 1497 del 1939, era stata promulgata per proteggere quelle località “che si distinguono per la loro non comune bellezza” e che “compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico tradizionale”. È esattamente quell’impostazione basata principalmente su criteri estetici e formalistici che secondo me non va. Se le bellezze montane sono considerate come “quadri naturali” da tutelare per il loro aspetto esteriore, diceva Antonio Cederna (tra i primi ambientalisti italiani insieme a Videsott), allora il paesaggio stesso diventa un “quadro”, una “labile e soggettiva parvenza”.
L’idea che Videsott voleva far passare era tutt’altra. Il parco doveva diventare soprattutto un luogo di protezione ambientale, di ricerca scientifica e uno strumento didattico pedagogico a servizio della collettività. La cosiddetta “bellezza” semmai viene dopo. Per favore, nel preparare le celebrazioni per il centenario (3 dicembre) non pensiamo a banalizzare la ricorrenza facendo del parco una cartolina da dépliant turistico.