Una riunione fiume, segnata da tensioni neanche troppo sotterranee. È un Partito democratico spaccato quello uscito dal voto del 25 settembre. Fratture che la direzione in diretta streaming ha messo in evidenza. Il principale nervo scoperto tra i dem l’ha toccato subito Enrico Letta: “Sulle donne il fallimento della nostra rappresentanza è chiaro e evidente, non ho molto da aggiungere”. E in effetti solo un terzo dei parlamentari eletti dal Pd sono donne. Ecco perché la presidente Valentina Cuppi è andata oltre, definendo il Pd “un partito ancora fortemente maschilista in cui se si vuole contare ci si deve piegare alle logiche delle correnti“. Non eletta a causa dell’effetto flipper della legge elettorale, Cuppi ha poi aggiunto: “Sono stata scelta io ed è stato scelto anche Marzabotto che è un simbolo ma poi bisogna essere conseguenti e non è stato così, credo ci siano state delle sottovalutazioni di quanto siano importanti le politiche della memoria, credo ci sia qualcuno qui che pensa che parlare di anti-fascismo sia anacronistico“.
La questione delle poche donne elette è stata affrontata anche da Monica Cirinnà, subito dopo l’intervento di Letta: “C’è la necessità di un passaggio di testimone tra generazioni e generi”. L’ex senatrice ha subito fatto capire che non c’era aria di fronte comune: “Siamo state vittime delle pluricandidature, ma siamo state anche incapaci di tessere alleanze tra donne, di resistere e proporci come alternative”. Alessia Morani, parlando di “sconfitta catastrofica”, è stata ancora più esplicita: “Non ho letto una dichiarazione di Cecilia D’Elia dopo la debacle“. La portavoce delle donne democratiche ha preso la parola subito dopo, puntando il dito sul correntismo e la formazione delle liste: “Non c’erano capilista donne“. E’ stata lei a proporre “ovunque donne nelle presidenze parlamentari e nei gruppi”. Un’idea, però, lasciata un pò cadere nel corso del dibattito. Se non osteggiata: “I gruppi devono decidere in autonomia”, ha spiegato Luigi Zanda.
La presa di posizione della D’Elia non ha certo calmato le acque, anzi. “Io voglio bene a Cecilia D’Elia, ma lei chi ce l’ha messa in quel ruolo che ricopre? Così, per dire”, ha commentato dall’esterno, via Twitter, l’altra uscente Patrizia Prestipino. A stretto giro, Enza Bruno Bossio ha fatto capire con chiarezza che aria tirava in direzione: prima ha detto che è “ineludibile il percorso di una segretaria donna”, e poi ha chiarito che “l’accordo nazionale dei capi corrente è il cancro che rischia uccidere per sempre il Pd”. La linea dura, però, non è passata tra le donne dem. Valeria Valente ha dato una interpretazione diversa: “E’ troppo facile per tutti parlare dopo. Ho sentito tanti interventi di donne, ma anche loro sono classe dirigente. L’appuntamento lo abbiamo mancato tutti”. Ha toccato la questione pure Paola De Micheli, che ha confermato la sua candidatura alla segreteria così: “Non è una candidatura solitaria, senza paura di rompere le convenienze perché credo nella contendibilità del Pd. Qualcuna deve cominciare, qualcuna che non si offende della misoginia maschile né di quella femminile che la definisce una nana”.
Il momento più alto di tensione, però, non si è toccato su un determinato argomento. Lo scontro più esplicito, infatti, è maturato solo su una mera questione formale: l’ordine degli interventi. “E’ da stamattina che chiedo quando sarei intervenuto. Io non capisco come la presidente Cuppi gestisce la trasparenza degli interventi”, ha detto Goffredo Bettini, in video collegamento. Ha risposto Anna Ascani: “La trasparenza è totale”. Ma Bettini ha controreplicato: “Sì, molto totale…”. Proprio a causa degli interventi troppo lunghi Gianni Cuperlo ha chiesto di darsi un’ora di tempo per gli interventi e poi di aggiornare la riunione anche per agevolare il rientro di quanti vengono da fuori. A replicare è stato direttamente il segretario Letta: “Direi che abbiamo indicato le 17 come termine per gli interventi e per la replica, lo spostiamo più avanti. E’ un giorno complicato – ha aggiunto – chiedo un minimo di solidarietà a Valentina (Cuppi ndr.) – che sta presiedendo. Tanto per essere più chiaro: ognuno viene, chiede di anticipare l’intervento e se ne va. Lei sta gestendo una cosa complicata, andiamo avanti con tutto il tempo necessario”. “Non guarderò più il telefono”, ha detto anche Cuppi alla quale sono pervenute varie richieste via sms: “Andiamo avanti. E comunque non faccio niente col bilancino, sto solo cercando di bilanciare gli interventi equilibrando i generi, non faccio il gioco delle correnti“.