Disattivare i ponti radio, in modo da creare un problema e quindi intervenire per risolverlo. E’ quello che cercava di fare la sindaca di Lagonegro, Maria Di Lascio, durante la campagna elettorale per le politiche del 25 settembre. C’è anche questo nell’inchiesta della procura di Potenza che ha coinvolto 36 persone. Sotto indagine sono finiti i vertici della Regione in Basilicata: dal governatore Vito Bardi ad alcuni suoi assessori fino al capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale, Francesco Piro, finito in carcere. Piro era il capolista al Senato dei berlusconiani ed è a lui che andava il sostegno della Di Lascio, finita ai domiciliari. “Risulta altresì il ricorso a ritorsioni e mezzi fraudolenti per condizionare la libertà di opinione politica da parte della Di Lascio in favore del Piro”, si legge nell’ordinanza firmata dal gip Antonello Amodeo. Che spiega: “Risulta infatti messa in atto in occasione delle recenti elezioni politiche una vera e propria artificiosa creazione di un disservizio al fine di intervenire per risolverlo e accreditarsi nei confronti della comunità come abili risolutori di qualsiasi inconveniente e in ultima analisi come ottimi amministratori”.
Di che disservizio parla il giudice per le indagini preliminari? Per spiegarlo riporta un’intercettazione telefonica del 4 settembre tra la sindaca e Gianni Mastroianni, il suo assessore alle Attività produttive, “in considerazione dei particolari interessi e in vista dell esigenza di contrasto rispetto a ogni possibile differente scelta politica che avrebbe potuto manifestare una fetta di elettorato”. In pratica Mastroianni allertava la sindaca sulla campagna elettorale in corso a Lagonegro da parte di esponenti politici di altri partiti: “Quindi mo’ la cosa che dobbiamo fare subito è stacca…far staccare l’antenna subito“. “Che poi ci devono chiamare a noi, che si devono lamentare e poi gli dobbiamo dire da chi l avete fatto chi ve la deve attaccare. E ancora seconda cosa dobbiamo levare subito le chiavi dell’acquedotto a Petrosino subito perché si devono imparare a campa’”. La sindaca rispondeva: “Due servizi belli puliti puliti…cioè questi qua loro devono capire che stavolta teniamo il mandato di Lagonegro, si mettono contro saranno contro a vita. Cioè noi quanto ci stiamo al comune altri tre anni? Per tre anni le porte non sono chiuse ma sbarrate. Poi possono pure morire, cioè si devono mettere in capo a questo”.
Il giorno dopo ecco che Di Lascio chiamava un tecnico della Vodafone. “Sentimi raccontami un attimo com’è la situazione sopra? Avete risolto i problemi?”, diceva riferendosi al ripetitore delle comunicazioni telefoniche. Il tecnico assicurava di aver risolto tutto, ma la sindaca aveva replicato: “Invece io devo farti una richiesta strana strana e ti spiego perché ti faccio questa richiesta strana”. E la richiesta, in effetti, era strana sul serio. “Praticamente – diceva la sindaca – tu sai che adesso ci sono le elezioni politiche” e “c’è qualcuno che non mi vuole bene” il quale “dice: no ma quella si vende che poi lei ha fatto l’intermediazione per poter avere l’antenna ma in realtà tutta l’operazione l’ha fatta la Vodafone di sua spontanea volontà… però a me mi serve mo’ una cosa che viene proprio a fagiolo”. Quindi ecco la richiesta “strana strana”: “Quando dovrebbero cominciare questi lavori? Perché quando cominciano questi lavori voi dovreste sospendere il funzionamento per il tempo dei lavori uno due giorni”. Il tecnico della Vodafone, però, si era rifiutato: “No no…noi non sospendiamo niente no“. “Ah quindi non sospendete…”, aveva risposto Di Lascio, che però non si era arresa: “Questo mi veniva utile invece se per caso per fare i lavori ci fosse stata una sospensione temporanea di un paio di giorni in maniera che noi creavamo il problema“. Il tecnico era rimasto fermo nella sua posizione: “Non sono elementi da utilizzare in campagna elettorale perché sennò dopo alla fine ci facciamo una brutta figura tutti quanti”. Sulla base di queste intercettazioni il gip sottolinea nell’ordinanza come “la Sindaca invero resa inerte dalla replica” del dipendente Vodafone “manifestava la propria schietta volontà: ‘Premeva creare disservizio un paio di giorni in occasione dei lavori in maniera che poi eh eh chiaramente la richiesta a chiaramente la richiesta a chi viene fatta?”. Ma i telefonini a Lagonegro continuarono a funzionare.