Alcuni dei più grandi marchi di fast food internazionali continuano a non rispettare gli impegni presi circa la tutela del benessere dei polli utilizzati per la loro carne e coinvolti all’interno della catena di approvvigionamento. Lo rivela l’associazione World Animal Protection, nel report annuale ‘The Pecking Order’, pubblicato in collaborazione con Animal Equality e per il quale sono stati analizzati impegni ed effettive performance di 19 diverse aziende nei mercati di Italia, Germania, Francia, Spagna e Croazia. Sebbene siano stati compiuti alcuni progressi, nel report del 2022 la maggior parte delle aziende ha ricevuto punteggi estremamente bassi, anche perché l’89% dei grandi marchi analizzati non ha assunto alcun impegno in materia di benessere dei polli da carne. In Italia sono state valutate sette aziende. Ed anche qui i risultati sono deludenti. ‘Molto scarsi’ quelli raggiunti da Mcdonald’s, Starbucks, Burger King, Dussmann, ‘scarsi’ quelli di Kfc, mentre per Subway l’analisi parla di ‘un primo inizio’ e per Ikea di ‘progressi in corso’. “I risultati di quest’anno ci dicono che alcune delle principali aziende alimentari del mondo stanno chiudendo un occhio sulla crudeltà sugli animali che avviene su larga scala nelle loro catene di approvvigionamento e, di conseguenza, stanno venendo meno agli impegni che si sono assunte” spiega Alice Trombetta, direttrice esecutiva di Animal Equality Italia.

L’analisi sui fast-food – World Animal Protection commissiona il report The Pecking Order ogni anno dal 2019 per monitorare proprio i progressi dei principali marchi di fast food. Le aziende vengono valutate attraverso informazioni disponibili al pubblico sulla base di due pilastri: la voce ‘Impegni e Obiettivi’ in base ai criteri specifici delineati nello European Chicken Commitment per le aziende Ue e la voce ‘Rendicontazione delle prestazioni‘ (che riflette la misura in cui un’azienda ha attuato i propri impegni). Questi due pilastri si combinano, con uguale ponderazione, per ottenere un punteggio percentuale complessivo, che viene tradotto in livelli. Nessuna azienda ha ricevuto i punteggi più alti ossia livello 1 (leader), livello 2 (buono) o 3 (in fase di sviluppo). Gli altri livelli sono il 4° (un primo inizio), il 5° (scarso) e il 6° (molto scarso). Secondo gli autori “la maggior parte della carne di pollo servita in questi noti fast food proviene da polli che vivono in ambienti insalubri, affollati e senza luce naturale. Molti di loro soffrono di zoppie gravi e lesioni cutanee”. Non si tratta solo di un problema di benessere animale, in quanto “anche la salute umana è messa a repentaglio dall’uso eccessivo di antibiotici, che alimenta la proliferazione di batteri estremamente pericolosi”. Domino’s Australia, Subway Canada, Starbucks Usa e Subway Usa hanno ottenuto i punteggi più alti a livello globale, arrivando comunque al livello 4, che indica che stanno appena ‘iniziando’ il loro percorso per gestire meglio il benessere dei polli.

In Italia non va meglio – Di fatto, dal report emerge che in alcuni mercati va meglio che in altri. Per fare un confronto tra i Paesi, sono state prese in esame le aziende presenti in tutti i mercati (Burger King, KFC e McDonalds). In questo caso, Germania e Francia, raggiungono punteggi medi complessivi del 40%, mentre l’Italia resta al 16%. La maggior parte delle aziende valutate ha risultati scarsi o molto scarsi per quanto riguarda l’approccio al benessere dei polli nelle rispettive catene di approvvigionamento. Ed anche quando assumono impegni allineati ai criteri internazionali, “le prove di attuazione di tali impegni sono ancora scarse o inesistenti”. Per questo World Animal Protection e Animal Equality chiedono all’industria alimentare di impegnarsi a modificare le proprie policy globali per ridurre drasticamente le sofferenze di miliardi di polli. Per esempio, utilizzando razze a lento accrescimento. Quelle a rapido accrescimento, infatti, portano a una crescita eccessiva in sole sei settimane che, combinato con bassi livelli di luce e spazio insufficiente per muoversi, porta a gravi problemi di salute, tra cui insufficienza cardiaca e polmonare, debolezza muscolare e zoppie.

La classifica – Partendo dal basso, tra i fast food dai risultati ritenuti ‘molto scarsi’, dunque al 6° livello, ci sono Burger King Italia, Starbucks Italia e Dussman e Mcdonald’s Italia, ma i primi tre restano allo 0% sia in impegni e obiettivi che nella rendicontazione delle prestazioni, Mcdonald’s è in media al 20% (23% per impegni e 17% per rendicontazioni). ‘Scarso’ (livello 5) il risultato complessivo di KFC: raggiunge il 44% (31% per impegni e 57% per il monitoraggio e la pubblicazione delle performance). Al livello 4 (definito nel report ‘un primo inizio’) Subway Italia con un punteggio complessivo del 50%, ma 100% nel pilastro Impegni e 0% nel secondo criterio di valutazione. In pratica, tutto raggiunto attraverso gli obiettivi. Infine, il terzo livello (il massimo raggiunto), definito ‘Progressi in corso’. Il punteggio percentuale complessivo di Ikea Italia è del 67%, “in gran parte – sottolineano gli autori – grazie all’impegno (100%) di una politica aziendale allineata con l’European Chicken Commitment perché, quando si tratta di rendicontare le prestazioni, Ikea fallisce nell’attuazione proprio come accade in altri Paesi europei, arrivano solo al 33%”.

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