“L’ho fatta tutta quanta io perché con Maria nessuno si voleva candidare e a tutti quanti diciamo ho promesso una mano”. A parlare è Francesco Piro, il capogruppo di Forza Italia alla Regione Basilicata finito in carcere nell’inchiesta condotta dall’Antimafia di Potenza. È il 4 settembre 2020 e al centro della discussione c’è la lista “Insieme con Maria di Lascio” candidata alle amministrative di Lagonegro, piccolo comune lucano a circa 100 chilometri da Potenza che ha dato i natali a Piro. Due settimane dopo quella conversazione le 5mila anime di Lagonegro dovranno scegliere il nuovo sindaco: le liste in campo sono quattro, tutte civiche. Una di queste è quella che sostiene Maria di Lascio: per Piro vincere è fondamentale perché a Lagonegro c’è in ballo la costruzione di un nuovo ospedale. “In questo momento per me è primario… voglio dire, Lagonegro… poi dal ventuno settembre a me di Lagonegro per i prossimi cinque anni non me ne fotterà più niente…”: parole di Piro che per il giudice mostrano come abbia interesse “per Lagonegro solo sino alla data delle elezioni amministrative mostrando assoluto disinteresse per le problematiche della comunità”.

In quel periodo, però, è necessario vincere le elezioni. E per farlo, secondo l’ipotesi della procura, l’imprenditore berlusconiano promette qualunque cosa a chi deve accettare una candidatura oppure dirottare voti sulla sua candidata: un sistema che secondo il gip Antonello Amodeo è un modo per “consolidare e accrescere il potere sul territorio” e allo stesso tempo “costringere o comunque indurre soggetti a favorire illecitamente gli appartenenti alla loro cerchia”.

E così, dalle carte dell’inchiesta, emergono i retroscena della “consultazioni” comunali. A qualcuno viene promesso il trasferimento all’ospedale di Matera, ad altri l’assunzione in enti di formazione o in case di riposo o semplicemente un distacco temporaneo in strutture che dipendono dalla Regione. La lista è ancora lunga: la promozione di due medici al ruolo di primari, lo scorrimento di graduatorie per far lavorare chi è rimasto fuori da un concorso, l’affidamento di una gara d’appalto. A leggere le carte dell’inchiesta sembra di avere davanti un’intera lista di candidati o di sostenitori scelta sulla base sul do ut des. Una ““illecita gestione di assunzioni, trasferimenti, promozioni, appalti” che per il giudice è “volto a consolidare il potere sul territorio e favorire illecitamente la rete di amici e sostenitori politici anche al fine di consentirne l’ascesa elettorale”. Sullo sfondo, c’è la costruzione del nuovo ospedale. Emblematico secondo il gip Amodeo è una conversazione captata nell’auto di Piro il 6 agosto 2020, quando un uomo si avvicina e gli chiede senza mezzi termini “allora finanziate sto cazzo di ospedale!? O no?” e Piro spiegava che ora tutto era nelle mani dell’Azienda sanitaria di Potenza dove “ci sono tutti quelli che abbiamo messi noi”. Parole che all’interlocutore sembrano infondere speranza al punto da avanzare una nuova domanda: “Pensiamo di fare qualche operazione o no?” ottenendo una risposta sicura “Per forza!”.

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