Il 22 marzo del 2006 un giovane ciclista siciliano di 21 anni e mezzo vinceva la terza tappa della Settimana Internazionale di Coppi e Bartali; il 1 ottobre 2021 vinceva la quarta tappa del Giro di Sicilia, aggiudicandoselo. Sono gli estremi dei 54 successi ufficiali nella carriera di Vincenzo Nibali che l’8 ottobre 2022 ha appeso la bicicletta al chiodo. A Como, subito dopo l’arrivo del Giro di Lombardia (vinto due volte).

I numeri raccontano di una carriera lunga e vincente, vittorie pesanti che comprendono anche la Tripla Corona, ossia far parte dell’esclusivo club dei magnifici 7 che hanno conquistato almeno un’edizione di tutti e tre i Grandi Giri. I due Giri di Lombardia, la Milano-Sanremo gli hanno dato la dimensione del campione totale. Perché per Vincenzo Nibali non dobbiamo avere paura di usare la parola, spesso abusata, di campione. Forse con un talento meno cristallino di molti avversari, ma lo Squalo ha sempre strappato a morsi le vittorie.

Ragazzino emigrante, giovane corridore arrembante e infine punto di riferimento del ciclismo italiano e mondiale in gruppo. Nibali è stato un numero 1 di testa, di tenacia, di cuore, e per queste caratteristiche lascia un vuoto difficile da colmare. Quando rivedrò più un ciclista siciliano in grado di farti scattare sulla sedia, esultare come un pazzo, abbracciarti con chi ti ha trasmesso questa passione, ritrovandosi a condividere emozioni vissute decenni prima con Gimondi?

Nibali lascia il gruppo e porta via con sé tante immagini belle. Questo ragazzo messinese di quasi 38 anni che quest’anno, a maggio, si è piazzato quarto al Giro d’Italia non lascia eredi, soprattutto nelle corse a tappe.

Vincenzo Nibali per me è stato la passione dentro la passione, quel motivo in più per andare alle partenze, agli arrivi, nei ritiri, alle pedalate benefiche e alle celebrazioni dei suoi successi. Quel motivo che ti portava a cercare sempre la sua sagoma nel gruppo sperando in un attacco, in salita o in discesa. Vincenzo ha sempre saputo dove e quando era possibile provare a scompaginare i piani degli squadroni che ha dovuto sfidare. A pinna alta, da solo, li ha battuti anche, facendoci impazzire.

Un successo all’ultimo “Lombardia”, corso con una bici celebrativa, avrebbe potuto ritoccare i numeri e mettere un tarlo nella sua testa, quello del ripensamento. Solo nei cuori di noi tifosi estremi questo sogno ha resistito fino all’ultimo. Fino a 20 chilometri dall’arrivo abbiamo sognato il suo scatto, il suo andare via in progressione, come ha fatto per anni. Quella sarà l’immagine da custodire e colorare a piacere: di rosso, rosa, giallo o tricolore. Perché Vincenzo ha colorato per noi questi 17 anni di ciclismo. Grazie!

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