Bisogna essere illusi sognatori per pensare di poter fermare il racconto che sto facendo dell’Iran da circa 20 anni. Probabilmente qualcuno che non mi conosce bene, ha pensato potesse bastare un avvertimento per farmi cambiare rotta. La mia voce è una delle tante che in Italia in questi giorni sta raccontando delle proteste in Iran. Forse la mia un po’ più forte, ma solo per il fatto di essermi occupata di Iran da decenni.

Ed è cosi che sull’onda delle tante manifestazioni che si stanno verificando in questi giorni in Italia e nel mondo avevo ideato e pensato a un evento presso la Casa Internazionale delle Donne. Avevo organizzato un evento aperto a tutte nel quale la comunità iraniana avrebbe avuto la possibilità di raccontare la propria storia, i propri trascorsi in Iran e soprattutto le paure e le sensazioni in queste settimane di conflitto. Al dibattito avevo anche pensato di unire un momento simbolico, quello di tagliare ciocche di capelli, come peraltro sta avvenendo in tutta Italia, da consegnare poi all’Ambasciata Iraniana a Roma.

Avevo anche preparato un comunicato stampa in cui scrivevo “Per le donne in Iran – Un ciuffo per la libertà. Ciocche che idealmente si intrecceranno ai capelli delle donne iraniane in pericolo”. Preparata la locandina, invitato politici e rappresentanti di varie associazioni che subito avevano dato il loro patrocinio e avrebbero aderito con piacere a questo evento per la causa iraniana.

Poi, accade qualcosa di incomprensibile. Dalla Casa Internazionale delle Donne mi arriva una telefonata che mi dice di aver ricevuto una lettera (forse una email) con tanto di firme da parte della Comunità iraniana a Roma che afferma di aver scovato un mio video in cui io sosterrei il Regime iraniano. Basita dalla telefonata inizio a richiamare le associazioni per disdire l’appuntamento spiegando le confuse motivazioni. Inizio a rifletterci e mi chiedo: chi in un momento tanto drammatico per l’Iran ha il tempo di scandagliare nei miei trascorsi per impedire un evento a favore dell’Iran stesso?

La mattina successiva invio un messaggio alla persona che mi aveva chiamato sollecitando spiegazioni, quantomeno per capire chi ci fosse dietro questa richiesta, anche perché la grande maggioranza della comunità iraniana in Italia mi scrive continuamente esortandomi a raccontare sempre più le loro storie. Mi viene risposto che la lettera non è mai esistita ma è arrivata una telefonata. “C’è stato uno scambio telefonico” – ovviamente rimane a me sconosciuta la persona che ha chiamato.

Come può una telefonata mettere in dubbio il mio lavoro di oltre 20 anni sull’Iran? E quali sarebbero le accuse mosse nei miei confronti? La storia che io sia una fiancheggiatrice del Regime è da sempre una legenda metropolitana. Ho vissuto in Iran tanti anni e per comprendere quel sistema così diverso dal mio ho avuto bisogno di studiarlo e non sui libri. In antropologia ce lo spiega Bronislaw Malinowsky: si chiama ‘ricerca sul campo’, cogliere il punto di vista del ‘nativo’ – che traslato e semplificato significa conoscere il popolo direttamente dall’interno. E questo ho fatto. Ho conosciuto il popolo, ma anche l’élite iraniana avvicinandomi alle maggiori autorità e chiedendo spiegazioni del loro agire. Ho intervistato, tra i tanti, Javad Larijani, ex capo della Commissione Diritti Umani in Iran. Lo stesso vale per l’ex vice presidente Shahindokht Molaverdi, delegata alle politiche della donna e della famiglia in Iran. E poi centinaia di intellettuali e politici che mi hanno spiegato la Rivoluzione, le ideologie e le tante delusioni avvenute in seguito.

Per la questione femminile sono arrivata addirittura a Qom, nel seminario femminile islamico Jami’at al-Zahra, che accoglie studentesse, sia iraniane che straniere. Questo non significa essere dalla parte del Regime, ma avvicinarsi a un mondo che non si conosce per poi poterlo contestare con dati alla mano, come sto facendo da sempre.

Quindi la scusa per impedirmi di fare l’evento alla Casa delle Donne è davvero poco credibile.
Chi si cela dietro questa forma di censura nei miei confronti? Proprio ieri è stata diramata una nota da parte dell’Ambasciata Iraniana in Italia che intimidisce chiunque prenda parte alle proteste in Italia e esorta a non inviare ciocche di capelli, minacciando che attraverso il Dna in seguito si potrebbe risalire all’identità della persona”. Teoria alquanto strampalata perché da una ciocca di capelli, senza comparazione, non si stabilisce alcun Dna.

A questo punto le domande sono molteplici: e se dietro la lettera/telefonata ci fosse proprio un’associazione legata al regime? E se la Casa stessa avesse ricevuto intimidazioni? Ci troviamo di fronte a una gravissima forma di bavaglio, che è impensabile in un paese democratico come l’Italia.

Una cosa è certa, la mia voce continuerà a raccontare l’Iran di ieri, di oggi e di domani. Se qualcuno proverà a spegnerla in qualche modo non avrà ottenuto molto, perché ce ne sarà sempre un’altra pronta a raccontare i crimini di un regime misogino e obsoleto da far crollare il prima possibile. Ne va della sicurezza mondiale.

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