La guerra in Ucraina ha causato un aumento dei prezzi che giustifica la necessità di modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. A scriverlo è il governo Draghi nella relazione sul Pnrr inviata nei giorni scorsi al Parlamento, in cui tra l’altro riconosce che al 31 agosto 2022 le spese effettivamente sostenute a valere sui fondi europei si fermavano a 11,75 miliardi contro i 15 attesi per l’intero anno dopo la revisione al ribasso fatta nella Nadef. “Tra le circostanze oggettive che possono essere addotte per una revisione degli investimenti previsti dal Piano, ma non delle riforme, rientra anche il caso di aumento dei prezzi per gli investimenti”, si legge nella relazione, che cita una delle comunicazioni della Commissione sul pacchetto REPowerEU. Un assist alla premier in pectore Giorgia Meloni, che come è noto sostiene da tempo che saranno necessarie modifiche (cosa che del resto aveva già prospettato mesi fa il ministro Enrico Giovannini). La leader di FdI giovedì scorso ha ammorbidito le uscite sui “ritardi evidenti e difficili da recuperare” smentendo scontri con Draghi ma ribadendo che in base alla Nadef spenderemo molto meno del previsto.

“La Commissione ricorda che il Pnrr è uno strumento basato sui risultati e che le aspettative sull’inflazione erano state in qualche misura incorporate nei costi considerati dagli Stati membri in sede di predisposizione dei rispettivi Piani, ma riconosce che l’invasione russa dell’Ucraina ha portato a un aumento non prevedibile dei prezzi per l’energia e dei materiali da costruzione, che quindi va considerato una “circostanza oggettiva” che giustifica una richiesta di modifica del Piano ai sensi dell’articolo 21 del Regolamento (UE) 2021/241″. Per quanto riguarda l’Italia, considerato che “ha usufruito sin dall’inizio dell’intero importo dei prestiti assegnato” potrà quindi “eventualmente accedere a prestiti aggiuntivi esclusivamente nell’ambito e alle condizioni previste per il nuovo capitolo RepowerEU o nel caso di altre circostanze eccezionali” .

Un’ulteriore possibilità di aggiornamento dei Piani, prosegue la Relazione del governo, “è connessa all’aggiustamento dell’ammontare del contributo finanziario a fondo perduto“. Quella previsione però è già stata fatta in estate, sostituendo i dati delle previsioni economiche di autunno 2020 della Commissione con i risultati effettivi relativi alla variazione del Pil reale per il 2020 e alla variazione aggregata del Pil reale per il periodo 2020-2021, e l’Italia ci ha guadagnato solo 146 milioni di euro aggiuntivi rispetto a quanto originariamente previsto. Importi che “non possono essere comunque utilizzati per compensare un aumento dei costi stimati delle misure incluse nei piani già adottati”.

Resta allora solo l’ultima strada: in base a quanto previsto dall’articolo 21 del Regolamento Ue 2021/241, nei casi in cui uno o più traguardi o obiettivi del Piano non siano più conseguibili a causa di circostanze oggettive, gli Stati membri possono presentare alla Commissione una richiesta motivata di modifica del Piano. In proposito, la Comunicazione della Commissione europea individua alcuni principi generali che dovrebbero ispirare le proposte di modifica da parte degli Stati membri: “Continuare a concentrarsi sull’attuazione degli attuali Piani, in modo da progredire verso i traguardi e gli obiettivi stabiliti, tenendo conto della loro pertinenza ai fini di una ripresa più rapida dall’impatto economico della pandemia e di una maggiore resilienza; le modifiche dei Piani devono essere adeguatamente motivate e limitate alla gamma di situazioni delineate nella Comunicazione; l’ambizione di ciascun Piano non deve essere ridotta, in particolare per quanto riguarda le riforme che danno seguito alle raccomandazioni specifiche per Paese”.

Nei casi di proposte di modifica o di presentazione di un nuovo Piano in considerazione del fatto che uno o più traguardi e obiettivi inclusi nel Piano adottato non siano più conseguibili a causa di circostanze oggettive, gli Stati membri “sono tenuti a fornire una giustificazione nella quale si indicano: le misure che non sono più realizzabili; le circostanze oggettive che impediscono il raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi; il nesso diretto tra le modifiche proposte e le circostanze oggettive”. Prima dell’invio della richiesta formale, gli Stati membri sono invitati ad avviare un “dialogo informale con i servizi della Commissione” per raggiungere “un’intesa sulle modalità pratiche della procedura”.

Le riforme, come detto, non possono essere oggetto di revisione. Ed entro la fine dell’anno il nuovo governo dovrà adottare “la legge annuale sulla concorrenza per l’anno 2021 e i relativi strumenti attuativi”, nuove norme che dovranno tra le altre cose rendere le bollette più trasparenti, dettagliando gli oneri di sistema, e abolendo la riscossione del canone Rai da parte dei fornitori di energia. Tra le altre cose, bisogna intervenire sui servizi pubblici locali, per “diffondere il ricorso al principio della concorrenza nei contratti di servizio pubblico locale, in particolare per i rifiuti e i trasporti pubblici locali”, deve mettere a gara le concessioni idroelettriche, di distribuzione del gas e portuali. La legge dovrà anche eliminare l’obbligo per i fornitori “di riscuotere oneri non collegati al settore” e aumentare “la trasparenza della bolletta dell’energia elettrica” consentendo ai consumatori di accedere alle sotto-componenti delle “spese per oneri di sistema”.

Per la fine del 2022 è previsto poi “un importante traguardo del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL)” con l’adozione, a livello regionale e di provincia autonoma, dei Piani di attuazione. Oltre ad adottare i piani, le Regioni devono raggiungere almeno il 10% dei beneficiari totali del programma. Per quanto riguarda le infrastrutture, è prevista l’aggiudicazione degli appalti per la costruzione della ferrovia ad alta velocità sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania: la prima è stata aggiudicata, per la seconda manca una tratta.

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