Economia

Relazione sull’evasione, il Tesoro non la pubblica e non spiega. I dubbi sulla tentazione di attendere il nuovo governo

A dieci giorni dal cdm che ha approvato la Nadef tendenziale non c'è traccia del documento che va presentato alle Camera insieme alla Nota. Ilfattoquotidiano.it nei giorni scorsi ha chiesto al portavoce del ministro Daniele Franco se corrispondano al vero le indiscrezioni stando alle quali si sarebbe deciso di passare la palla al futuro esecutivo

Dieci giorni di silenzio. Il ministero dell’Economia, nonostante il pressing dei sindacati e di Pd, Sinistra italiana, Italia viva e Movimento 5 Stelle, continua a non spiegare per quale motivo non viene pubblicata la Relazione 2022 sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Dal 2016, primo anno in cui è scattato l’obbligo di legge di predisporre il documento da presentare alle Camere insieme alla Nota di aggiornamento al Def, il testo è sempre stato reso disponibile sul sito del Tesoro. Questa volta, a dieci giorni dal cdm che ha approvato la Nadef tendenziale non ce n’è traccia. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto al portavoce del ministro Daniele Franco se corrispondano al vero le indiscrezioni – riportate anche dal Sole 24 Ore – stando alle quali si sarebbe deciso di aspettare l’insediamento del nuovo governo, senza ottenere risposta.

Una decisione del genere sembrerebbe difficilmente giustificabile, considerato che la Relazione viene scritta da una commissione di esperti indipendenti e nulla ha a che vedere con l’indirizzo politico che ogni esecutivo esprime nella Nadef programmatica e nella successiva legge di Bilancio. Anzi: la legge 196/2009 che ne disciplina i contenuti spiega chiaramente che serve a “illustrare le strategie e gli interventi attuati per contrastare e prevenire l’evasione fiscale e contributiva, nonché quelli volti a stimolare l’adempimento spontaneo”, “valutare i risultati dell’attività di contrasto e prevenzione, nonché di stimolo all’adempimento spontaneo” e “indicare le linee di intervento e prevenzione dell’evasione fiscale e contributiva, nonché quelle volte a stimolare l’adempimento spontaneo”.

Si tratta insomma di analisi di impatto e suggerimenti consegnati al governo in carica che è poi libero di decidere come procedere. Al netto di impegni vincolanti come quelli contenuti nel Pnrr, in cui l’Italia promette di ridurre le tasse non pagate di 12 miliardi entro il 2024 riducendo il tax gap del 15% rispetto al 2019. Un obiettivo che Draghi contava di raggiungere puntando sull’interoperabilità delle banche dati e su un nuovo software da mettere a disposizione del fisco per esaminarli e individuare i contribuenti a maggior rischio evasione. “Vessazioni contro i cittadini italiani” e “Grande fratello fiscale”, nell’interpretazione di Giorgia Meloni, nel cui programma in vista del voto del 25 settembre si poteva leggere che la lotta all’evasione deve “partire da evasori totali, grandi imprese, banche e grandi frodi sull’Iva”. Nulla, insomma, per aumentare la deterrenza dei controlli nei confronti dei piccoli e medi contribuenti.

Così, in assenza di spiegazioni dal Tesoro, resta dunque il dubbio che dietro il ritardo possa esserci come ha rilevato il neo deputato Marco Grimaldi (Verdi-Sinistra) “una reticenza nei confronti di rilevazioni emerse o misure suggerite che potrebbero non coincidere con gli indirizzi dell’attuale maggioranza“, visto che nel documento sono attese tra il resto valutazioni sull’impatto dell’estensione della flat tax al 15%. Mentre passano i giorni, nota Oxfam Italia via Twitter, “si sta creando un pessimo precedente“.