“Quanta inutile fatica” è il motto che per 25 anni ha accompagnato, nell’ex Stazione Frigorifera di quelli che furono i Magazzini Generali di Verona, l’attività creativa, artistica e politica di Interzona, una “comunità non-profit democratica e autogestita”. La scritta, riportata su un cartello portato da un ragazzino, è la firma che ha accompagnato una protesta silenziosa, un atto d’accusa contro le promesse politiche mancate, le speculazioni economiche e finanziarie in riva all’Adige, l’incapacità di dare una casa vera alla cultura veronese e la sudditanza delle pubbliche istituzioni nei confronti di iniziative commerciali private. Il 5 ottobre è stato, infatti, inaugurato E.ART.H, lo spazio espositivo di Eataly Verona, voluto da Oscar Farinetti, fondatore della catena di distribuzione di prodotti alimentari italiani, e dal figlio Francesco. È al piano superiore dello storico edificio di 13 mila metri quadrati, restaurato da Mario Botta, che ospita anche il grande magazzino culinario.
Economia & cultura, un connubio virtuoso, verrebbe da pensare. Invece ha sfrattato chi in quel luogo ha prodotto cultura alternativa per un quarto di secolo, in una realtà poliedrica, variopinta, controcorrente. Tanta fatica è stata resa inutile dallo strapotere degli affari, un intreccio che racconta una grande occasione mancata. “Questo nuovo spazio espositivo è solo una foglia di fico, segno di una potenza economica che ha occupato un bene pubblico vincolato, con sentenze del Tar e del Consiglio di Stato che lo hanno certificato. Dietro c’è una storia di decenni di speculazioni, che ruota attorno alla Fondazione Cariverona e a un sistema di potere tipicamente veronese”. Mauro Zammataro è un restauratore di professione, e parla a nome di tanti che dell’ex Stazione Frigorifera n. 10 avevano fatto un punto irripetibile di aggregazione. Dal 1930 al 1982 è stata la più grande struttura del genere in Europa, capace di accogliere vagoni interi che venivano smistati e tenuti al gelo. Nel 1987 gli ex Magazzini Generali l’avevano ceduta al Comune di Verona, che però l’ha lasciata andare al degrado.
“L’attività culturale di Interzona è cominciata nel 1993, l’anno dopo è stata realizzata Locomotiva cosmica, un evento di cine installazioni. – continua Zammataro – Fummo noi a segnalare alla Sovrintendenza la necessità di apporre un vincolo culturale”. Cominciarono le attività, premiate nel 1999 dall’Ente Teatrale Italiano per l’originale utilizzo della spettacolare Stazione Frigorifera.
Poi entrò in scena la politica annusando possibili guadagni. Il Comune di Verona si oppose fino al Consiglio di Stato ai vincoli legati alla cultura industriale, perdendo definitivamente nel 2006. Intanto nel 2002 aveva ceduto il complesso per 16 milioni di euro alla ricchissima Fondazione Cariverona, con il vincolo di realizzare un polo culturale. Negli edifici, oltre a quelle di Interzona, proliferavano altre attività, dall’Ente Lirico alla Caritas, dal Teatro Tenda a Estravagario Teatro.
Da allora c’è stata una progressiva, inesorabile erosione della destinazione pubblica. Un paio di progetti firmati da Botta, poi i cambi di destinazione d’uso da culturale a direzionale. “Già allora era prevista la distruzione di tutti gli elementi vincolati come bene culturale. – continua Zammataro – Nel 2012 ecco la modifica del vincolo. La Sovrintendenza disse che bastavano un auditorium e l’Archivio di Stato a definire l’area come polo culturale. Peccato che l’auditorium non sia mai stato fatto e che l’Archivio paghi un canone di 400 mila euro annui, mentre prima era in un edificio di proprietà pubblica”. Cariverona riesce quindi ad ottenere una destinazione a terziario e ad attività commerciali, vengono abbattuti altri edifici, fino a lasciarne una metà dei 28 originari.
L’operazione di Cariverona ha avuto un effetto collaterale nel 2016: “Dopo 23 anni di attività, Interzona è stata sfrattata con i suoi 6mila soci. Agli appelli di associazioni culturali, il sindaco dell’epoca e Cariverona non hanno mai risposto. Adesso siamo all’effetto di quella speculazione: l’inaugurazione di Eataly, un supermercato e uno spazio espositivo. – conclude con amarezza Zammataro – Il fatto più grave è che Verona, dopo vent’anni di cantieri e sottrazione dell’area a utilizzi pubblici, non ha un vero polo culturale”.
“Siamo la voce di una moltitudine di migliaia di persone che qui hanno prodotto arte, cultura, dialogo e ci unisce la necessità personale e l’obbligo civile di testimoniare” si legge in una nota del comitato “Profezia della locomotiva cosmica”, trasformata in petizione. “Siamo stati per più di venticinque anni corpi, non fantasmi. Abbiamo edificato, salvaguardato, ripulito, allestito, rivitalizzato… Abbiamo organizzato più di 700 concerti, conferenze, letture, audio-documentari, incontri con autori… E poi ancora, rassegne cinematografiche, mostre, installazioni di arte contemporanea di livello internazionale, più di 70 spettacoli teatrali, anche in collaborazione con la Biennale di Venezia… Tutto questo a beneficio di un pubblico che solo qui ha potuto godere dello spettacolo straordinario di un luogo unico altrimenti inaccessibile”. Conclusione icastica: “Almeno adesso abbiano il pudore di non dire che la ‘rigenerazione urbana restituisce alla città un’area abbandonata e degradata’”.