Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Lavoro & Precari - 9 Ottobre 2022
Cgil, il racconto dalla piazza che chiede pace e giustizia sociale: “Mai governi amici, ma se Meloni arretra sul lavoro torniamo a manifestare”
Ci avevano provato centrodestra e centrosinistra a riempire Piazza del Popolo a Roma, per l’ultima chiusura della campagna elettorale. Era stato un flop. Ora, a tre settimane dalla vittoria di Giorgia Meloni alle urne, c’è riuscita la Cgil per la manifestazione “Italia, Europa: ascoltate il lavoro”, organizzata un anno dopo l’assalto neofascista della propria sede: era il 9 ottobre 2021 quando i leader di Forza Nuova Giuliano Castellino, Roberto Fiore e Luigi Aronica guidarono l’assedio alla sede del sindacato. Eppure, al di là di promesse e (tiepidi) ordini del giorno approvati in Parlamento, Fn non è stata sciolta, così come ancora al loro posto restano le altre organizzazioni di ispirazione neofascista, al contrario di quanto chiedevano alla politica i sindacati.
E se il testo allora approvato dal centrosinistra in Aula (con l’astensione del centrodestra) chiedeva al governo in realtà soltanto di “verificare se ci fossero le condizioni” per lo scioglimento, tutt’altro che vincolante, l’esecutivo è rimasto a sua volta immobile: “Mea culpa? Abbiamo votato un atto parlamentare che impegnava il governo, ora ci assumiamo la responsabilità per la nostra parte, non per quella di un esecutivo che era di tutti…”, si giustifica il vicesegretario Pd Giuseppe Provenzano. Con lui in piazza, ad ascoltare Landini c’erano anche altri esponenti dem, come il ministro del Lavoro uscente Andrea Orlando, la neoeletta in Senato ed ex segretaria Cgil Susanna Camusso e Gianni Cuperlo, oltre al segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. Ma anche, insieme a una delegazione di parlamentari, il presidente M5s Giuseppe Conte, che invece ha attaccato il vecchio governo: “Tutti a caldo avevamo detto che dovevano essere messe al bando le organizzazioni neofasciste, purtroppo anche su questo c’è stato un rinvio”.
A ristabilire le responsabilità è stato così lo stesso Landini, accusando sia il Parlamento che l’esecutivo uscenti: “Hanno votato un atto, ma quando c’è stato da prendere una decisione non l’hanno presa. Mi auguro che il nuovo esecutivo e le nuove Camere lo facciano, perché il problema non è stato risolto. Poi siamo certo rispettosi del lavoro che magistratura e forze dell’ordine stanno facendo”.
Ma non è stata l’unica promessa tradita, di fronte a un mondo, quello del lavoro e sindacale, al quale erano stati sbandierati futuri provvedimenti come il salario minimo e la legge sulla rappresentanza, tutti rimasti alla fine semplici slogan, mai approvati. Così, dopo la vittoria del centrodestra alle Politiche, ora i lavoratori dovranno confrontarsi con la nascita del governo più a destra della storia repubblicana: “Noi in realtà non abbiamo mai avuto governi amici. Poi se Meloni vorrà arretrare sui diritti civili e del lavoro, torneremo in piazza“, c’è chi avverte. Altri attaccano: “Dobbiamo capire chi saranno i nostri interlocutori. I lavoratori non hanno bisogno di partiti vicini a Confindustria”. E ancora: “Su salari e precariato, così come sul Sud, servono risposte urgenti da parte del nuovo governo”.
Così ci provano Conte e i 5 Stelle a ‘corteggiare’ la piazza ‘rossa’ del sindacato: “La nostra agenda sociale e quella della Cgil hanno molti punti in comune“, spiega l’ex premier. Un derby, considerate le distanze tra dem e pentastellati, con il Pd, che invece punta a “recuperare la credibilità” dall’opposizione: “Come? Anche con la presenza nei luoghi come questo dove si chiede maggiore giustizia sociale”, taglia corto Provenzano. Orlando invece precisa: “Si è perso perché si è rotto da tempo un rapporto con il mondo del lavoro, siamo riusciti a ricostruirlo solo parzialmente”. “Ognuno per ora farà la sua strada, il Pd farà il suo Congresso. Noi faremo opposizione senza sconti, poi si vedrà”, torna a pungere Conte, che al termine della manifestazione si è intrattenuto con lo stesso Landini. Un asse nascente? Di certo, su diritti del lavoro, difesa del reddito di cittadinanza (che Fdi al governo promette di voler cancellare), salari da aumentare e fisco, le convergenze non mancano. Come sul tema della pace e dell’Ucraina, con Landini tornato a rivendicare la necessità di riempire le piazze arcobaleno, come aveva fatto pochi giorni prima lo stesso Conte, parlando di una manifestazione da organizzare senza simboli di partito.
“Si lavori a un negoziato, non possiamo aspettare che la guerra diventi nucleare”, ha attaccato Landini dal palco. “Non voglio ipotecare nulla, spero in una piazza aperta a tutti, anche al centrodestra. Ma non mi preoccupo del subbuglio che un’iniziativa può creare nel Pd, sono problemi del Pd”, ha concluso il presidente M5s, tagliando corto sugli attriti dem, dopo che al Nazareno c’era stato chi – come Graziano Delrio – lo aveva accusato di ‘voler solo metterci il cappello’.