A quattro mesi dall’elezione, il consiglio comunale ha approvato la delibera che sancisce l’adesione alla Rete Re.a.dy che raccoglie 230 pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. L'assessore: "Una città che guarda al futuro e che ambisce alla crescita, non può permettersi di rimanere chiusa e di non riconoscere piena dignità alle soggettività di chi la vive"
A quattro mesi dall’elezione a sindaco di Verona, Damiano Tommasi è stato di parola mantenendo una delle promesse che avevano provocato addirittura l’intervento dell’allora vescovo Giuseppe Zenti. Il consiglio comunale ha approvato la delibera che sancisce l’adesione alla Rete nazionale Re.a.dy, nata 16 anni fa, che raccoglie 230 pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Durante la campagna elettorale che aveva visto Tommasi sconfiggere al ballottaggio il sindaco uscente Federico Sboarina di Fratelli d’Italia, monsignor Zenti scrisse una lettera al clero. Aveva invitato i sacerdoti a predicare nelle chiese, chiarendo come nella scelta elettorale “spetta ai fedeli di individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia”.
Siccome l’adesione era inserita nel programma di Tommasi, Sboarina aveva fatto di questo tema uno dei punti della sua propaganda, sostenendo che Verona avrebbe sempre difeso la famiglia “tradizionale”. Tommasi non era sceso nella polemica, ma aveva ricordato che fanno parte di Re.A.Dy molte città non lontane dal capoluogo scaligero, nonché Roma, Milano, Torino, Napoli, Palermo, Genova, Bologna, Firenze e Bari, oltre a regioni come Toscana, Piemonte, Marche ed Emilia Romagna.
Illustrando la delibera, l’assessore alle Pari opportunità Jacopo Buffolo ha detto: “Una città che guarda al futuro e che ambisce alla crescita, per essere centrale sul panorama nazionale e internazionale, non può permettersi di rimanere chiusa e di non riconoscere piena dignità alle soggettività di chi la vive. Per questo l’Amministrazione deve impegnarsi a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono a ciascun individuo di realizzarsi ed esprimere liberamente sé stesso”. Un ragionamento in linea con la proposta politica del centrosinistra che aveva puntato sul “civico” Tommasi.
“Tra le barriere che intendiamo eliminare – ha continuato Buffolo – ci sono anche quelle legate all’orientamento sessuale e l’identità di genere. Potremo così riuscire a fare un ulteriore passo in avanti nel sentirci comunità. Solo attraverso il confronto con le diverse realtà, lo sviluppo di buone pratiche, si può arrivare ad un coordinamento efficace, evitando ulteriori ricadute sui nostri Servizi sociali. È per queste ragioni che, consci di tutte le problematiche che affliggono la nostra città, crediamo che sia necessario intraprendere una scelta ben precisa. Tale scelta non è più importante di altre, come talvolta ci è stato rinfacciato, ma basilare rispetto alla necessità di tutelare le persone che abitano le nostre città”.
A Venezia, prendendo spunto dal voto veronese, i consiglieri regionali di minoranza Cristina Guarda, Giacomo Possamai, Andrea Zanoni, Erika Baldin, Elena Ostanel e Arturo Lorenzoni (Gruppo misto), hanno dichiarato: “Il Consiglio regionale voterà la nostra mozione presentata ancora lo scorso giugno, con la quale si intende impegnare la Giunta regionale ad aderire alla Rete Re.a.dy?” La richiesta era stata presentata dopo la morte dell’insegnante Cloe Bianco, transgender, che si era data fuoco in un camper. “Viste anche le aperture del presidente Luca Zaia su questioni che riguardano l’orientamento sessuale e l’identità di genere, condividere con altre istituzioni a livello nazionale buone pratiche utili al superamento delle discriminazioni da orientamento sessuale e identità di genere può contribuire a costruire un Veneto più inclusivo e al passo coi tempi”.