La vendetta di Mosca per l’attacco al ponte della Crimea si è abbattuta su Kiev con forti esplosioni che non si sentivano da giugno, non ha risparmiato Leopoli, Dnipro, Zhytomyr e Kharkiv. Le autorità ucraine riferiscono di 83 missili, 17 droni in azione. Il bilancio delle vittime è provvisorio ma la reazione delle cancellerie europee e degli Usa sono di condanna per bombardamenti a tappetto che hanno ucciso soprattutto civili. Secondo Macron attesterebbero un “cambiamento profondo della natura della guerra”. Per Tiziano Ciocchetti, responsabile del mondo militare per la rivista specialistica Difesa Online non è così, o meglio, ci sono dei visibili cambiamenti nell’andamento del conflitto, ma bisogna comprenderne le ragioni e rapportarli a uno scenario ben più complesso di come la propaganda, dai due fronti, lo rappresenta, ricorrendo in ultimo alla leva del “terrorismo” di cui si accusano a vicenda.
I bombardamenti sono una rappresaglia?
Mi pare evidente. L’attacco al Ponte della Crimea è stato un atto grave per la Federazione Russa, perché ha colpito un’infrastruttura civile solo marginalmente usata per la logistica militare, ma dal potente significato simbolico. Quell’attacco poterà a un’ulteriore escalation delle operazioni militari, come in parte si è già visto, anche in concomitanza del cambio del comandante delle forze russe.
Secondo lei è stato un errore?
Porterà a una nuova fase, una ulteriore escalation da parte di Mosca con maggior impegno non solo in termini di uomini, i famosi “riservisti” lituani e altri, ma anche con un nuovo tipo di strategia sul terreno e di tattiche, così come è successo ieri con attacchi missilistici finalizzati a creare panico e paura nella popolazione. Per altro, siamo in una fase in cui tutta l’Ucraina è in guerra con la Russia e la distinzione tra civili e militari è praticamente impossibile. A parte le infrastrutture come le reti energetiche, i russi non hanno molte possibilità di agire sui comandi.
In che senso?
Nel senso che la vera “catena di comando” delle operazioni ucraina sta negli Stati Uniti. I russi lo sanno benissimo e dunque per loro ha poco senso tentare di colpire centri di comando e controllo, non servirebbe a nulla. Mentre risponde a una logica militare l’alternativa di colpire civili per terrorizzarli, per fiaccare la popolazione e in questo modo indebolire la resistenza militare degli ucraini.
Cosa c’è di diverso in questa fase del conflitto?
Il conflitto in Crimea va avanti dal 2014, a bassa intensità. Dal 24 febbraio assistiamo al massimo della curva. Con il referendum di annessione alla Federazione russa delle repubbliche separatiste e l’attentato terroristico da parte degli ucraini si è entrati in una nuova fase, ci sarà una ulteriore escalation da parte di Mosca con maggior impegno non solo in termini di uomini, i famosi riservisti lituani e tutte le polemiche annesse, ma anche con un nuovo tipo di strategia e tattiche sul terreno, così come è successo ieri con attacchi missilistici finalizzati a creare panico e paura nella popolazione.
Sul terreno cosa vede?
In queste settimane pare che gli ucraini siano passati al contrattacco, abbiano riconquistato centri importanti grazie all’aiuto americano, che sia in armi o con informazioni di intelligence militare, offuscamento di sistemi, designazioni degli obiettivi e quant’altro. L’intensità odierna è anche da collegare a qualcosa che al racconto occidentale continua a sfuggire.
Sarebbe?
Sui giornali si legge che gli ucraini riconquistano terreno, notizie che sembrano il segno di una svolta reale, di un cambio sostanziale nei rapporti di forza. Ma non è così. Non è che siano completamente false, ma vanno soppesate con la situazione tattica sul terreno. Al momento quello che vediamo, dopo otto mesi dall’inizio della “operazione speciale”, non è una Russia in ginocchio militarmente né per le sanzioni. Certo è in difficoltà, ma da una parte abbiamo l’Ucraina che è uno stato fallito, dall’altro una Russia che ha ancora tutti i margini e la dottrina per iniziare la guerra. Non per finirla.
Cosa intende con “iniziare la guerra”?
Ad oggi non c’è stata una vera “guerra” secondo la dottrina dei russi. La dottrina sovietica è di dispiegare centinaia di batterie di lanciarazzi multipli e radere al suolo tutto: case, palazzi, strutture civili come a Grozny nella seconda guerra cecena, quando fu rasa al suolo. Questo i russi ancora non lo hanno fatto, ma ci arriveremo. Ma a questo portano le forniture di armi tecnologicamente avanzate come gli Atacms, lanciati da Himars e guidati via Gps da satelliti americani con gittata anche a 300 km. Finiranno per alzare l’asticella ed è ovvio che i russi faranno altrettanto. Se l’amministrazione Biden vuole la sconfitta militare della Russia questa non è possibile, non certo a breve.
E i famosi o fantomatici negoziati?
Per come la vedo io, la possibilità di una trattativa di pace per i russi è che gli ucraini siano ridotti ai minimi termini, o comunque scacciati dal Donbass e dalle regioni appena entrate nella Federazione. Oppure dobbiamo immaginare la sconfitta dei russi, ma è molto difficile. Nessuno sa con precisione quante riserve abbiano, ma per certo hanno ancora molti reparti di prima linea che non sono stati impiegati. Li abbiamo visti all’opera solo nella fase iniziale del conflitto, quando Mosca ha immaginato di dare una spallata al governo di Kiev e per questo ha mobilitato molte forze pesanti.
Come giudica l’uscita di Lukaschenko su un possibile intervento della Bielorussia a fianco di Mosca?
Gioca su due piani, ha una forte vicinanza con la Federazione Russa, anzi diciamo proprio che le forze armate russe sono integrate in Bielorussia, hanno comandi molto importanti, tanto che è impensabile separarla dalla Russia. Lukasenko però sa benissimo che coinvolgere direttamente le forze armate nel conflitto creerebbe effetti a catena, la geografia non mente: la Bielorussia a ovest confina con la Polonia ea nord con la Lituania che sono due paesi Nato, non può permettersi che le forze ucraine entrano nel suo territorio, e il primo modo è evitare di scendere in campo. Quindi da una parte professa militanza e amicizia a Putin ma dall’altra giova con le cancellerie occidentali per garantire un non-coinvolgimento diretto da parte sua. Del resto, anche noi italiani siamo “coinvolti” ma non lo siamo, è lo stesso gioco che facciamo noi europei: diamo assistenza contro l’invasione ma diciamo che non siamo in guerra, quando è evidente che lo siamo anche se in maniera indiretta.
A lungo in estate si è parlato del “generale inverno”, cioè della difficoltà che avrebbero incontrato gli invasori col calo delle temperature e le piogge, è così?
Questa cosa non la vedo proprio. Appartiene agli eserciti meno organizzati del passato, funzionava perché avevano 200mila cavalli che trasportavano le salmerie ei cannoni. La Wehrmacht per dire non era del tutto meccanizzata, nel 1941 aveva ancora migliaia di cavalli. Io russi poi conoscono benissimo il terreno. L’esercito italiano, piuttosto, sarebbe del tutto inadeguato a operare in quel contesto d’inverno. Non abbiamo i mezzi adeguati, si romperebbero, non partirebbero. Ed è comprovato proprio da chi li ha provati su quel terreno. Ma non è così per l’esercito russo che opera in quel contesto con mezzi adatti.