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Gli Uffizi fanno causa a Jean Paul Gaultier per i vestiti con la Venere di Botticelli: “Uso non autorizzato dell’immagine”. Cosa prevede la legge e il precedente

Secondo quanto spiega il museo fiorentino custode della tela di Sandro Botticelli (Firenze 1445 - 1510), la griffe dello stilista francese ha utilizzato l'immagine dell'opera senza averne il permesso: gli Uffizi ricordano infatti che, secondo il Codice dei Beni Culturali, l'uso di immagini della proprietà pubblica italiana è assoggettato a specifica autorizzazione e al pagamento di un canone

di Ilaria Mauri

Gli abiti della discordia. Vestiti, canotte, pantaloni, tute e maglie con impressa, a tutta grandezza, l’immagine della celeberrima Venere del Botticelli sono il pezzo forte della nuova collezione di Jean Paul Gaultier by Olivier Rousteing ma anche l’oggetto della causa milionaria che le Gallerie degli Uffizi di Firenze hanno intentato contro la casa di moda francese. Il motivo? “Uso non autorizzato della Venere di Botticelli”, immortale capolavoro dell’arte italiana. Lo stilista ha infatti utilizzato per alcuni suoi capi l’immagine dell’opera simbolo del Rinascimento senza chiederne il permesso, concordarne le modalità dell’uso né tantomeno averne pagato il canone. Oltretutto, gli abiti in questione, con la dea della bellezza ritratta nella sua conchiglia, sono stati pubblicizzati sia sui social che sul proprio sito.

Secondo quanto spiega il museo fiorentino custode della tela di Sandro Botticelli (Firenze 1445 – 1510), la griffe dello stilista francese ha utilizzato l’immagine dell’opera senza averne il permesso: gli Uffizi ricordano infatti che, secondo il Codice dei Beni Culturali, l’uso di immagini della proprietà pubblica italiana è assoggettato a specifica autorizzazione e al pagamento di un canone. Di fronte a tale comportamento illecito, l’ufficio legale delle Gallerie ha spedito una lettera di diffida nella quale si intimava il ritiro dal mercato dei capi incriminati o, in alternativa, la firma di un accordo commerciale per sanare l’abuso. Ma la diffida, come sottolinea il museo, “è stata sostanzialmente ignorata” dalla casa di moda francese, che non ha mai dato alcun riscontro. Anche noi di FqMagazine abbiamo provato a contattare la maison Gaultier per un commento sulla vicenda senza, però, ottenere risposta. Da qui, dunque, la decisione dell’ente di proseguire per vie giudiziarie: è stata già avviata una azione legale che prevede, oltre al ritiro dal mercato degli abiti ‘illegittimi’, anche una richiesta di risarcimento danni. Il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, spiega che “Jean Paul Gaultier ha boutique in Italia e vende i suoi prodotti anche attraverso i canali web italiani. Dunque, come tutti, è tenuto a rispettare le nostre leggi sui diritti dell’immagine”. E dunque adesso gli Uffizi sono alle vie di fatto, o meglio, alle vie giudiziarie: è stata già avviata una azione legale che prevede, oltre al ritiro degli abiti ‘illegittimi’, anche una richiesta di risarcimento danni in favore del museo.

IL PRECEDENTE – La causa intentata contro Jean Paul Gaultier non è un unicum. Già nel 2017 un’altra casa di moda, la fiorentina Brioni, era finita in tribunale per una vicenda simile: allora nel mirino era finita la campagna pubblicitaria lanciata dal brand che aveva vestito una copia del David, di proprietà della Cave Michelangelo, con uno smoking. In quel caso ad intervenire fu direttamente il Ministero dei Beni Culturali che ottenne dal Tribunale di Firenze un’ordinanza per la tutela dell’immagine dell’opera d’arte: “Quella fu una vittoria importantissima da ogni punto di vista”, ricorda oggi Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze, a margine della riapertura della Gipsoteca, commentando il caso della Venere di Botticelli. “Non può essere svilita né utilizzata per salami, mitragliatrici e carri armati. È lo Stato, proprietario di queste opere, che deve tutelarle. Quindi finché si tratta di utilizzi a scopo scientifico è un tema, ma se cominciano a essere utilizzi a scopo di lucro solo per singole aziende che poi ne ricavano il guadagno ovviamente non è tollerabile, sopratutto se non autorizzato”. “All’ordinanza che abbiamo avuto nel 2017 ne sono seguite altre che ci hanno dato ragione su questo punto – ha spiegato ancora la dottoressa Hollberg – ed è un passo importante perché vuol dire che il Ministero qui ha una bella fonte di guadagno e chi utilizza l’immagine senza aver chiesto l’autorizzazione viene diffidato, denunciato, e ne segue poi tutto il percorso legale e il pagamento di importanti multe e devo dire che abbiamo già incassato molti soldi. La Galleria dell’Accademia su questo nel 2017 è stata apripista perché siamo stati i primi ad avere questa ordinanza e ora ovviamente altri musei e altre istituzioni culturali ne possono approfittare”, ha sottolineato.

COME ARGINARE IL FENOMENO – Certo è che casi come questi sono solo la punta dell’iceberg. Basta infatti fare una veloce ricerca su Google per trovare decine – se non centinaia – di capi o complementi d’arredo con l’effige della Venere di Botticelli, di ogni prezzo: dal classico merchandising a veri e propri pezzi d’abbigliamento come t-shirt e addirittura un giaccone che niente hanno a che vedere con Gaultier. Né tantomeno con le Gallerie degli Uffizi. Con un’unica eccezione: alcuni abiti in seta di Dolce e Gabbana di una collezione del 2000, frutto di un’accordo dell’epoca tra gli stilisti e il museo fiorentino. “Ci sono e ci sono stati accordi commerciali, ma l’iter è lungo e complesso e per quanto il dipartimento legale degli Uffizi cerchi di muoversi in maniera solerte gli episodi di furto d’immagine sono molteplici”, spiegano a FqMagazine fonti del museo. Oltretutto, sottolineano, non è sempre facile avere contezza di tutti coloro che ne fanno un’uso indebito o risalire ad essi: basta dare un’occhiata alle tante bancarelle di souvenir per rendersi conto di come le immagini delle opere d’arte vengano sfruttate senza pagare i canoni previsti dal Codice Urbani. Come si può, quindi, porre un argine a tutto questo? “Anche al Ministero deve esserci un ufficio di controllo dell’utilizzo delle immagini del nostro patrimonio. Anche per fornire un aiuto alle realtà più piccole – spiega il sottosegretario ai Beni Culturali Lucia Borgonzoni -. Ci sono musei grandi infatti che hanno sia la capacità di portare avanti azioni legali sia di accorgersi di queste attività improprie, ma realtà piccole spesso non possono permetterselo e il ministero deve supportarle”. Per questo per Borgonzoni è da stigmatizzare anche il comportamento della maison francese che non ha risposto alle richieste degli Uffizi: ”Sconcerta anche la posizione di Gaultier che, a quanto riportato dall’istituto culturale fiorentino, nemmeno risponde a un museo italiano di grandissima rilevanza che invia una richiesta legittima”.

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