di Enza Plotino

Seduti sulla polveriera ambientale, sbandierando buoni propositi e progettando transizioni ecologiche fintamente risolutorie della crisi energetica e ambientale che alimenta quella polveriera, ignoriamo – noi cittadini perché non lo sappiamo, i nostri governanti perché innescherebbe una guerra totale con i grandi e potentissimi gruppi energivori nazionali – il vastissimo sistema di agevolazioni, incentivi, esenzioni che lo Stato italiano concede a tutte quelle attività che direttamente o indirettamente danneggiano l’ambiente.

E’ nuova? Macchè. E’ una vecchissima manina. Ce n’è per tutti: agricoltura, pesca, energia. In Italia, fatta salva la situazione clamorosa del CIP6, sussidio dato anche ai combustibili fossili “assimilati” alle fonti rinnovabili, si sa poco su quali attività sono coinvolte da incentivazioni dannose ambientalmente e quale danno mantengono in piedi. Spulciare il catalogo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (Sad), sul sito del Ministero della Transizione Ecologica, rende perfettamente la dimensione del fenomeno e dimostra come esista uno Stato schizofrenico, che agevola (è il termine giusto) un danno ambientale che invece dovrebbe combattere con la lotta ai cambiamenti climatici dei quali si riempie la bocca. E questo senza soluzione di continuità tra tutti i governi che si stanno avvicendando da molti anni a questa parte.

Agevolare è proprio la parola giusta perché sono tutti incentivi, esenzioni, sussidi che vengono concessi a prescindere dalla qualità delle produzioni e attività in essere e dal danno ambientale che generano. Esempi ce ne sono a iosa. Prendiamo i Sad in agricoltura. Ci sono riduzioni fiscali per le imprese che esercitano la pesca, sostegno per la zootecnia da carne, sostegno per i seminativi, premi per pomodori da industria, sostegno per la zootecnia bovina, incentivi per la zootecnia bufalina. E’ chiaro che ho ben presente l’importanza di mantenere in piedi attività e produzioni che senza aiuti potrebbero scomparire e settori come l’agricoltura che contrastano il fenomeno dell’abbandono delle campagne e delle attività agricole, ma agire efficacemente per gli uni (i settori coinvolti) e per l’altro (il danno ambientale) suggerirebbe un approccio mirato a studiare caso per caso la trasformazione del sussidio in meccanismo che subordini la fruizione del beneficio all’adozione di buone pratiche. Stiamo parlando di milioni di euro che potrebbero essere utili a trasformare interi settori in senso biosostenibile e a dare contestualmente un contributo importante alla lotta ai cambiamenti climatici.

Per non parlare poi del sistema energetico. Lì vi sono le più eclatanti distorsioni, visto che gran parte dei meccanismi incentivanti sono sussidi ai combustibili fossili. Riduzioni delle accise per tutti: energia elettrica, carburanti per navigazione marittima, aerea e ferroviaria, gas naturale impiegato negli usi di cantiere ma anche nelle operazioni per l’estrazione di idrocarburi, Gpl per gli impianti di uso industriale, prodotti energetici per altiforni, differente trattamento tra benzina e gasolio. E poi fondi per ricerca sugli idrocarburi (petrolio e gas), fondi per ricerca e sviluppo sul carbone, e i famigerati CIP6. Questo per parlare solo dei sussidi diretti. Che per quelli indiretti esiste un ampio capitolo a parte. Di tutto questo, però, oggi sembra anacronistico parlare. Abbiamo messo sotto il tappeto tutte le questioni ambientalmente spinose, le abbiamo relegate al fondo di una lista nella quale la caccia al consenso politico, le ripercussioni economiche di una pandemia, una guerra non nostra e di conseguenza una grave crisi energetica hanno fatto balzare ai primi posti vecchie parole d’ordine: petrolio, carbone, combustibili fossili, riportando in auge sistemi energetici che stavamo provando ad abbandonare.

La questione climatica può aspettare. E il diritto alla salute e a un ambiente pulito anche.

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