Il leader di Azione critica la manifestazione pacifista di novembre alla quale stanno lavorano Arci e Acli: "Noi siamo per il supporto agli ucraini". Il segretario dem per compattare il fronte interno al partito parteciperà giovedì alla mobilitazione lanciata da un gruppo di sigle pro Kiev. Ma poi dice: "Noi partecipiamo a tutte le iniziative che vogliono ribadire la necessità della pace"
Carlo Calenda annuncia “una grande manifestazione a Milano“, mentre Enrico Letta parteciperà al sit in davanti all’ambasciata russa a Roma. Così il leader di Azione e il segretario del Partito democratico preparano le contromosse alla marcia per la pace lanciata dal presidente M5s Giuseppe Conte. Mentre Arci e Acli lavorano a mettere a punto la manifestazione pacifista di novembre, preceduta dalla tre giorni dal 21 al 23 ottobre della Rete per la pace e il disarmo, Calenda critica l’iniziativa e decide di farsene una tutta sua: “Conte porterà in piazza le persone che sono a favore della resa degli ucraini e quindi non della pace, perché se tu voti contro l’invio delle armi e contemporaneamente chiedi la pace stai chiedendo la resa”, sostiene il leader di Azione parlando ai giornalisti in Senato. “Noi siamo invece per il supporto agli ucraini e contemporaneamente per l’apertura di un negoziato che non li porti alla resa ma che nasca dal fatto che si riconosce che l’invasione russa è stata fermata e deve continuare ad essere fermata”, aggiunge Calenda.
Letta invece parlando con LaPresse usa parole sibilline: “Noi partecipiamo a tutte le iniziative che vogliono ribadire la necessità della pace e ovviamente a tutte quelle in cui viene dato il segnale del fatto che c’è una responsabilità chiara da parte della Russia”. dice. E giovedì, alle 18.30 sarà alla mobilitazione lanciata da un gruppo di sigle pro Ucraina sotto l’ambasciata di Mosca. Se l’obiettivo è unire il fronte interno – evitando partecipazioni di iscritti dem alla piazza nazionale – l’effetto è dividere il fronte pacifista. Mentre il presidente M5s Giuseppe Conte torna a respingere le accuse di una linea “morbida” verso la guerra di Putin: “La nostra posizione non è ambigua: ferma condanna della Russia, anche degli ultimi attacchi missilistici, e sostegno alla popolazione ucraina a cui riconosciamo il diritto all’autodifesa. Ma il problema è che è scomparso il negoziato di pace che per noi e l’unica via d’uscita. Vogliamo una grande conferenza di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite e con il sostegno della Santa sede”. E a chi gli chiede se andrà anche al presidio di giovedì risponde: “Se è una manifestazione del Pd no, adesso ce n’è una nazionale aperta a tutti senza cappelli politici“. Specificando però che “qualsiasi manifestazione per la pace è benvenuta”.
“Usano in modo vergognoso l’accusa di filo-putinismo come una clava per soffocare qualsiasi democratico confronto. Perfino quando abbiamo invocato una discussione in Parlamento, come si addice a una democrazia parlamentare, ci siamo scontrati con un muro governativo insormontabile”, ha spiegato ancora Conte. “Sono ormai sette mesi di guerra. Una guerra – ha proseguito – combattuta qui in casa nostra, in Europa, di cui ormai siamo pienamente partecipi per quanto riguarda gli aiuti militari, gli aiuti umanitari, gli impegni economici. Una guerra però di cui sembriamo tutti rassegnati a subire passivamente le conseguenze. Siamo sull’orlo di un rischio nucleare. Ma non c’è nessuna discussione sulla strategia, sugli obiettivi politici che stiamo perseguendo, sugli scenari geo-politici che si stanno delineando. L’unica cosa certa di questa strategia è che si è puntati su un’escalation militare e non su un negoziato di pace. Un diffuso interventismo bellicista prova a rintuzzare qualsiasi discussione. Un finto patriottismo cerca di mettere la mordacchia a qualsiasi interrogativo, a qualsiasi tentativo di discussione“, ha concluso il presidente dei Cinque stelle.
A Roma il 5 novembre circa 500 realtà sociali e sindacali scenderanno in piazza per rivendicare pace ma anche diritti e lavoro al grido “Non per noi ma per tutte e tutti”. La pace in primis dunque condizione necessaria per tornare a parlare di lavoro: perché “se vogliamo costruire un’economia di pace dobbiamo cambiare il modello produttivo. La pace oggi è la parola più rivoluzionaria che possiamo esprimere”. Ad aderire alla manifestazione anche Baobab Experience: “Quello che lega tutte queste diverse realtà – ha spiegato la portavoce Alice Basiglini – è l’esempio, il simbolo di quello che si può fare e di ciò che lo Stato non ha fatto”. A Roma sarà presente il 5 anche la Fiom: “Serve un intervento straordinario subito – ha spiegato il segretario generale Michele De Palma – come è avvenuto per la pandemia altrimenti c’è il rischio del fermo delle piccole e medie imprese. Nessuno si salva da solo, dobbiamo costruire alleanze. C’è il forte rischio tra i lavoratori di individualismo e corporativismo”. Il sindacalista ha ricordato che il 21, 22 e 23 ottobre la Rete italiana pace e disarmo organizzerà iniziative in tutte le città, perché “è indispensabile costruire una mobilitazione ampia di carattere europeo”. Poi la grande manifestazione per al Pace a cui stanno lavorando Arci e Acli e tutte le associazioni della Rete per la pace e il disarmo.