Il procuratore capo Curcio precisa che non ci sono nuovi nomi iscritti nell'inchiesta che ha portato a diverse misure cautelari la scorsa settimana. "I fatti di cui danno conto alcuni giornali o sono privi di rilevanza penale o sono relativi a vicende per le quali non è stato acquisito un quadro indiziario univoco o almeno sufficiente"
“Gli ulteriori fatti di cui viene dato conto nelle notizie di stampa o sono privi di rilevanza penale ovvero sono relativi a vicende nelle quali all’iniziale acquisizione della notizia di reato doverosamente ed immediatamente iscritta, non è seguita l’acquisizione di un quadro indiziario univoco o almeno sufficiente”. A scriverlo in una nota è il procuratore capo di Potenza Francesco Curcio in riferimento al presunto allargamento dell’inchiesta sulla sanità in Basilicata che ha portato ad alcune misure cautelari e all’iscrizione di oltre 100 indagati, travolgendo la giunta regionale. Curcio nega, dunque, che ci siano nuove posizioni al vaglio della Procura e smentisce in particolare che tra i “nuovi indagati” ci siano il sottosegretario all’Editoria Giuseppe Moles, esponente di Forza Italia, e l’ex governatore Marcello Pittella, recentemente transitato dal Pd ad Azione. I loro nomi, in relazione all’indagine, erano usciti sull’edizione lucana del Quotidiano del Sud insieme a quelli del deputato uscente Michele Casino (Forza Italia) e di altri tre consiglieri regionali lucani (Gerardo Bellettieri di Forza Italia, Dina Sileo, ex Lega e ora Gruppo misto e Massimo Zullino autosospeso dalla Lega).
Il comunicato della Procura è stato necessario, si legge, “per evitare che si diffondano informazioni infondate ovvero altri fraintendimenti sull’oggetto e la portata dell’investigazione in corso sulla sanità lucana (che peraltro deve ancora superare numerosi ed ulteriori vagli processuali, sicché deve essere richiamato il principio di presunzione di innocenza fino a condanna definitiva)”. Curcio chiarisce più nel dettaglio che “il perimetro oggettivo e soggettivo dell’indagine in questione – salvo sempre nuove possibili acquisizioni investigative dovute allo sviluppo delle indagini in corso è – allo stato – delineato dalle imputazioni provvisorie elevate nella richiesta cautelare e poi contenute nella successiva ordinanza del Gip di Potenza”. In sostanza, traducendo in italiano corrente (va precisato per esempio che “ovvero” qui è usato al posto di “oppure”) non ci sono al momento posizioni al vaglio della Procura che non siano state già valutate e poi inserite nella sua ordinanza dal giudice per le indagini preliminari.
Al centro dell’inchiesta, affidata alla Direzione distrettuale antimafia, c’è la costruzione di un nuovo ospedale a Lagonegro, piccolo comune lucano a 100 chilometri da Potenza. Secondo l’ipotesi accusatoria, la struttura sanitaria era uno degli obiettivi principali della politica lucana coinvolta nell’inchiesta che ha portato in carcere l’ex capogruppo Piro, ai domiciliari Maria Di Lascio, dal 2020 sindaca di Lagonegro e all’obbligo di dimora l’assessore lucano all’agricoltura, Francesco Cupparo, anch’egli di Forza Italia e l’ex assessore alla sanità, Rocco Leone, attuale consigliere regionale di Fratelli d’Italia. Ma quella nuova struttura, secondo la Dda, non era stata ideata per “effettive necessità di gestione sanitaria” ma per “tornaconto personale”. sarebbe servito per accontentare gli amici degli amici, per fare affari, per accrescere il consenso dei diversi politici impegnati nell’operazione.
Al governatore Vito Bardi (centrodestra) viene contestata la tentata concussione proprio in riferimento alla costruzione dell’ospedale. Il presidente della Regione Basilicata è indagato in concorso con l’ex assessore Leone e con il capo di gabinetto Antonio Ferrara: secondo gli inquirenti, i tre avrebbero comunicato all’avvocato della Regione Basilicata, Valerio Di Giacomo, la volontà politica di non proseguire il giudizio dinanzi al Tar a difesa di Massimo Barresi, all’epoca direttore generale dell’ospedale San Carlo di Potenza: un mandato che come l’avvocato Di Giacomo ha spiegato in una telefonata intercettata e poi anche ai magistrati, di fatto non poteva essere attuata poiché il suo mandato era stato firmato dalla giunta precedente. Secondo gli inquirenti, però, quel tentativo fatto dai vertici regionali, era finalizzato alla guerra mossa contro Barresi, contrario alla costruzione di un nuovo ospedale a Lagonegro.