“Fidanzati a casa nostra”, “felici e orgogliosi di fare questo cammino insieme fino a Milano-Cortina 2026“. In quello che viene definito ‘il tempio della moda italiana”, il Teatro Armani, a Milano, è stata presentata, tra grandi strette di mano, video emozionali e luci bianche, la nuova stagione della Federazione italiana sport invernali, la Fisi. Il luogo non è stato scelto a caso, naturalmente: a fine settembre la Fisi ha annunciato – testualmente – che Armani è il nuovo “Official Technical Outfitter” per tutto il quadriennio olimpico, dunque fino ai Giochi di casa nostra. Così, sulla passerella sulla quale hanno sfilato modelle e modelli per più di 20 anni, di fronte alle atlete del calibro di Dorothea Wierer, Sofia Goggia e Federica Brignone, sono state svelate le nuove divise EA7: nere, con una fiamma tricolore.
Fin qui tutto bene, se non fosse che il Tribunale di Milano, 7a sezione civile, il 20 luglio ha ordinato alla Fisi – e al suo presidente, Flavio Roda, regista dell’operazione – attraverso un’ordinanza cautelare, di “astenersi dal concludere con terzi nuovi contratti di sponsorizzazione per le stagioni sportive 2022/2023, 2023/2024, 2024/2025 e 2025/2026 aventi a oggetto l’utilizzo da parte di suoi tesserati di beni con marchi diversi da quelli di cui è titolare BasicItalia spa“. BasicItalia, col marchio Kappa, ha vestito gli atleti e le atlete della Fisi per anni. Nel 2017 le due parti rinnovarono il contratto, per cinque anni (fino al 2022), inserendo il diritto di prelazione in favore di Kappa, cioè il diritto di potersi aggiudicare il nuovo contratto a parità di condizioni rispetto alla proposta di un eventuale offerente. Il 27 di giugno, però, la Fisi ha firmato un contratto con Armani – che nella vicenda, vale la pena sottolineare, non c’entra nulla e, anzi, potrebbe risultare vittima – e da lì è nato il contenzioso legale con BasicItalia.
Contro l’ordinanza cautelare del Tribunale di Milano la Fisi ha presentato ricorso. Secondo l’avvocato Giovanni Diotallevi il Collegio si sarebbe reso responsabile di “numerosi profili di grave erroneità e abnormità”, “paralizzando l’attività della Fisi”, poiché il contratto firmato con Armani “determina di per sé la cessazione della materia cautelare del contendere”. Ma ieri, domenica 9 ottobre, il giudice Federico Salmieri ha rigettato l’istanza, definendola del tutto “infondata”, precisando che la decisione del Tribunale civile rende l’accordo tra Fisi e Armani “ineseguibile”. Peraltro, leggendo tra le righe, il giudice fa sapere, a proposito del contratto del 27 di giugno, che “la Fisi [ne] ha esplicitamente sostenuto l’inesistenza in occasione della comparsa dell’8 luglio predisposta in occasione del giudizio di reclamo”.
“Il contratto con Armani è regolare – ha detto Roda a ilFattoQuotidiano.it – è stato fatto in giugno. Il rigetto del nostro ricorso? Fa lo stesso, il contratto è in essere. Questi sono tutti passaggi intermedi, noi aspettiamo la sentenza finale. L’ordinanza del Tribunale ci impone di vestire con BasicItalia? Può pensare quello che vuole, i miei legali mi dicono altro”. In questo senso, tuttavia, giova ricordare l’articolo 388 del codice penale, che punisce chi pone in essere una serie di comportamenti al fine di sottrarsi all’adempimento degli obblighi stabiliti mediante un provvedimento dell’autorità giudiziaria. In particolare, il comma 3, che riguarda l’elusione della “esecuzione di un provvedimento che prescrive misure inibitorie o correttive a tutela dei diritti di proprietà industriale”. Insomma, il “pasticcio delle divise”, come è stato ribattezzato, è ancora lontano dall’epilogo. Intanto sabato 15 ottobre è prevista l’elezione del nuovo presidente della Fisi: Roda si ricandida per il quarto mandato consecutivo, nonostante la legge ordinaria dello Stato lo vieti.
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