Ennesimo colpo di scena nella lunga e intricata vicenda della banca genovese Carige. Il Tribunale Ue del Lussemburgo ha deciso di annullare la decisione della Banca centrale europea che nel 2019 ha posto l’istituto in amministrazione straordinaria. Il Tribunale ha precisato di ritenere che la Bce sia incorsa in un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per adottare le decisioni poi impugnate. La decisione è stata presa sul ricorso della piccola azionista Francesca Corneli. Al momento della decisione della Bce Corneli aveva 200mila azioni Carige, pari in quel momento allo 0,000361% del capitale sociale della banca ligure. A sostegno delle decisioni Bce nel procedimento è intervenuta anche la Commissione europea.

Il commissariamento dell’istituto era scattato dopo che all’assemblea del 22 dicembre 2018 non era stata approvata dagli azionisti di maggioranza la proposta di aumento di capitale. Il riferimento è alla famiglia Malacalza, che deteneva allora il 27,7% del capitale dell’istituto, e che aveva avviato a sua volta una simile iniziativa legale contro il commissariamento della banca. Prima di deliberare la ricapitalizzazione, ricorda la sentenza, i soci di maggioranza “desideravano che fossero loro comunicati, da un lato, il piano industriale e, dall’altro, il bilancio di esercizio della banca del 2018”. Al mancato via libera dell’assemblea erano seguite le dimissioni dei vertici dell’istituto facendo decadere il consiglio di amministrazione.

La Bce aveva quindi sciolto a sua volta il consiglio nominando tre commissari l’ex presidente Pietro Modiano e l’ex ceo Fabio Innocenzi e Raffaele Lener. La Banca centrale ha in seguito prorogato l’amministrazione Carige fino al 31 gennaio 2020 quando la banca ha ripreso la piena operatività. La decisione del Tribunale è presa sulla base di un errore di diritto nella determinazione della base giuridica usata per adottare le decisioni impugnate (non si pronuncia invece sulle successive proroghe) e non entra quindi neppure nel merito degli altri argomenti della ricorrente. La Bce avrà ora due mesi e dieci giorni per impugnare la sentenza, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Nel frattempo l’istituto ligure è stato rilevato dal gruppo Bper.

Semaforo ancora rosso per la ricapitalizzazione Mps – L’altro dossier bancario che tiene banco in queste ore è quello di Mps, alle prese con un complicato aumento di capitale. Il grosso, 1,6 miliardi di euro, sarà a carico del Tesoro, primo azionista con il 64%. Ma per raggiungere i 2,5 miliardi necessari servono altri 900 milioni. Ieri si è svolto un consiglio di amministrazione della banca per cercare di smuovere l’impasse che sembra essersi creata. Il pool di banche che dovrebbe garantire la ricapitalizzazione (ossia che comprerebbe i titoli che non dovessero trovare compratori sul mercato) , non ha ancora firmato l’accordo che le impegnerebbe in tal senso. Mediobanca, Citigroup, Credit Suisse e Bank of America attendono che altri investitori mostrino la disponibilità a partecipare alla ricapitalizzazione.

Stamane Anima Holding, partecipata al 20% da Banco Bpm e sottoscrittrice di un accordo commerciale con Mps per la distribuzione dei suoi fondi comuni, ha affermato di essere pronta a dare il suo contributo per far partire l’aumento di capitale di Mps. La società di gestione del risparmio, si apprende da fonti finanziarie, è intenzionata a convocare un cda per deliberare il suo intervento nella ricapitalizzazione. Anima dovrebbe mettere sul piatto circa 25 milioni. Altri 30 milioni dovrebbero arrivare da gruppo di fondazioni di origine bancaria operanti in Toscana. Oggi il consiglio d’amministrazione della Fondazione Cr Firenze ha approvato una delibera che prevede la partecipazione all’aumento di capitale di Rocca Salimbeni, per l’ammontare di 10 milioni di euro. C’è poi il gruppo assicurativo francese Axa che di Mps ha una piccola partecipazione ma soprattutto ha un accordo commerciale per la vendita dei suoi prodotti assicurativi.

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