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Caso Lidia Macchi, risarcito per ingiusta detenzione Stefano Binda dopo essere stato assolto definitivamente

L’uomo è stato in carcere 3 anni e mezzo, tra il 2016 e il 2019, e lo scorso maggio, in aula, aveva chiesto un "indennizzo" di oltre 350mila euro. Per lui è stato disposto un risarcimento di poco più di 303mila euro
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Il 27 gennaio del 2021 la Cassazione aveva confermato la sua assoluzione, oggi V Corte d’appello di Milano ha accolto l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione e ha liquidato oltre 303 mila euro a Stefano Binda, il 53enne assolto in via definitiva dall’accusa di avere ucciso la studentessa Lidia Macchi. L’uomo è stato in carcere 3 anni e mezzo, tra il 2016 e il 2019, e lo scorso maggio, in aula, aveva chiesto un “indennizzo” di oltre 350mila euro. In primo grado Binda era stato condannato all’ergastolo, e poi prosciolto in appello dalla Corte di assise di appello di Milano. L’uomo venne scarcerato il 24 luglio 2019, in seguito all’assoluzione in secondo grado poi confermata dalla Cassazione. A Binda saranno liquidati immediatamente 303.277,38 euro a titolo di indennizzo.

Il caso della studentessa, che risale al 1987, è tuttora risolto. La ventenne venne trovata morta in un bosco vicino all’ospedale di Cittiglio, nel varesotto, dove la giovane stava andando a trovare un’amica. Binda era finito sotto processo in seguito a una perizia calligrafica su una lettera anonima inviata alla famiglia della ragazza. Contro l’uomo, ormai cinquantenne, c’erano, a dire dell’accusa, quei versi inviati i genitori della vittima, per posta, il giorno del funerale. Ma l’accusa non ha retto ai tre giudizi. Binda ha dichiarati di essere lontano da Varese il giorno del delitto: “Io ero in vacanza a Pragelato (Torino, ndr), ero partito il primo gennaio“, senza ricordare però con chi era in vacanza.

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