La banca centrale ha ribadito oggi che venerdì prossimo smetterà di comprare titoli di Stato britannici ponendo fine al piano di emergenza varato a fine settembre per salvare il mercato dei bond. I mercati sono però dubbiosi che questo possa realmente avvenire. In atto una pericolosa prova di forza tra autorità monetaria e industria finanziaria
Sì, no, forse. In Gran Bretagna nessuno sa con certezza cosa pensi di fare la banca d’Inghilterra. Un bel problema per un’istituzione che fa, o dovrebbe fare, della credibilità la sua colonna portante. Nell’incertezza oggi si è prima comprato e venduto, i prezzi dei titoli di Stato inglesi sono tornati a scendere (e i rendimenti a salire). Un decennale inglese rende il 4.43%, poco meno di un equivalente titolo italiano. Un titolo trentennale è arrivato a rendere oltre il 5%, più di uno greco (4,87%). Il tasso è poi ridisceso fino al 4,4% dopo una nuova massiccia ondata di acquisti da parte della Bank of England per un valore complessivo di 4,4 miliardi di sterline (5 miliardi di euro).
La banca centrale ha ribadito oggi che venerdì prossimo smetterà di comprare titoli di Stato britannici ponendo fine al piano di emergenza varato a fine settembre per salvare il mercato dei bond dal collasso dopo che il nuovo governo di Liz Truss aveva presentato un piano di taglio alle tasse senza specificare le coperture. Poco prima il quotidiano londinese Financial Times aveva però dato notizia di contatti tra la Bank of Enlgand istituzioni finanziari in cui la banca centrale si sarebbe detta pronta a prorogare gli acquisti qualora il mercato avesse evidenziato nuovamente segnali di stress. Ancora qualche ora prima il governatore della Boe Andrew Bailey aveva avvisato i fondi pensioni che avevano tre giorni di tempo per sistemare le loro posizioni, dopo di che il sostegno della banca centrale sarebbe venuto meno. Fondi che hanno informalmente fatto sapere di non essere ancora pronti.
Ieri intanto la Boe ha esteso i suoi acquisti anche ai titoli di Stato indicizzati all’inflazione per scongiurare quella che ha definito una potenziale “svendita” di questi bond. “Riteniamo che i mercati forzeranno la mano della banca centrale ad estendere l’operazione fino a metà novembre”, ha affermato all’agenzia Bloomberg Simon Harvey, di Monex Europe. “Due settimane non sono sufficienti e occorre fare di più”, ha commentato Daniela Russell di Hsbc.
La Bank of England aveva già compiuto un’inversione ad “U” lo scorso 23 settembre, rimandando la fine degli acquisti di titoli e facendo anzi esattamente l’opposto. In concomitanza con la presentazione dell’incauto piano del governo, il valore dei titoli di stato inglesi aveva iniziato a calare rapidamente, evidenziando gravi vulnerabilità per diversi fondi pensione, in particolare quelli che offrono ai clienti prodotti che assicurato in futuro un rendimento concordato a prescindere dall’andamento dei mercati finanziari. Questi fondi sono soliti investire ingenti somme in titoli di stato e utilizzare derivati per ridurre i rischi in caso di variazioni dei tassi di interesse e, quindi, del valore dei bond che hanno in portafoglio. Chi fornisce questa sorta di assicurazioni chiede delle garanzie. Se questi iniziano a perdere valore però la garanzia originaria non basta più e va aumentata, in fretta. Questo ha indotto i fondi a vendere i titoli sul mercato, riducendone ancora il valore, innescando così un circolo vizioso già visto all’opera con effetti devastanti in molte crisi finanziarie. Solo l’annuncio della banca centrale, che si è impegnata a comprare i titoli arginando la discesa dei prezzi, ha permesso di interrompere la spirale negativa.
La debolezza del sistema finanziario inglese si è dimostrata maggiore del previsto e le note dolenti non sono finite. La stessa Boe ha affermato oggi che le famiglie inglesi devono prepararsi ad un livello di sofferenza finanziaria paragonabile a quella del periodo antecedente alla crisi del 2008. Le rate dei mutui e dei prestiti sono destinate a salire ulteriormente. Già oggi, secondo uno studio della banca Ubs, le rate dei mutui sono salite in media di oltre il 40% diventando più care rispetto ai canoni di affitto, un sorpasso che è destinato ad avere ripercussioni sul mercato immobiliare.