I magistrati hanno ritenuto "insussistente" la sproporzione fra le ingenti ricchezze di Dell'Utri e la sua capacità di reddito, sebbene siano emersi frequenti rapporti economici e finanziari con Silvio Berlusconi, non giustificati, secondo i pm palermitani, se non da sottesi rapporti illeciti esistenti fra i due.
No al sequestro dei veni di Marcello Dell’Utri. La Sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha respinto la richiesta di sequestrare (per poi confiscarli) i beni dell’ex senatore di Forza Italia, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, pena scontata quasi per intero. Contro il provvedimento del collegio presieduto da Raffaele Malizia, i pm della Dda del capoluogo siciliano, per ora guidata da Marzia Sabella, hanno proposto appello e la Corte deciderà nei prossimi giorni. La decisione dei giudici – riportata da Livesicilia.it e Repubblica – risale alle scorse settimane.
I magistrati hanno ritenuto “insussistente” la sproporzione fra le ingenti ricchezze di Dell’Utri e la sua capacità di reddito, sebbene siano emersi frequenti rapporti economici e finanziari con Silvio Berlusconi, non giustificati, secondo i pm palermitani, se non da sottesi rapporti illeciti esistenti fra i due. Rapporti che sono al centro anche del processo sulla trattativa Stato-mafia, in cui Dell’Utri era stato condannato a 12 anni in primo grado per violenza o minaccia nei confronti del governo presieduto proprio da Berlusconi; in appello il co-fondatore di Forza Italia è stato assolto e proprio ieri la procura generale ha presentato contro di lui e tutti gli altri imputati ricorso alla Corte di Cassazione. Sul fronte misura di prevenzione, il Tribunale ha ritenuto non adeguatamente supportati da riscontri gli elementi addotti dai pm Gery Ferrara (oggi alla Procura europea) e Claudio Camilleri, per dimostrare l’illiceità della provenienza dei beni dell’ex senatore azzurro. Da qui il no al sequestro finalizzato alla confisca.
Oltre a Dell’Utri in appello sono stati assolti gli ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno, mentre è stata ridotta la pena a 27 anni per il boss corleonese Leoluca Bagarella. Confermata condanna per il medico Antonino Cinà. “Sulla base della suddetta ricostruzione fattuale, la Corte di Assise di Appello – si legge nel ricorso firmato dal procuratore generale Lia Sava e dai sostituti Giuseppe Fici e Sergio Barbiera- ha contraddittoriamente ed illogicamente assolto gli imputati Subranni, Mori e De Donno, sul presupposto erroneo che gli stessi abbiano agito con finalità solidaristiche“.
“Il diverso convincimento della Corte D’Assise d’appello” nella sentenza di appello sul processo trattativa Stato-mafia su Marcello Dell’Utri “è estremamente lacunoso, quando non anche manifestamente illogico e contraddittorio”. Marcello Dell’Utri “è navigato ed esperto uomo di confine tra l’associazione criminale, denominata Cosa nostra e le alte sfere dell’imprenditoria nazionale per anni” e poi “amico scomodo del Presidente del Consiglio (Berlusconi ndr), uomo comunque di straordinaria intelligenza e straordinaria capacità. Non è dato comprendere perché Dell’Utri – scrive la Procura generale – si sia tenuto per sé il messaggio ricattatorio dei vertici mafiosi non riportandolo al destinatario finale, che era colui per il quale si era interessato per la tessitura di un accordo elettorale, poi andato a buon fine”.