L'opera riserva un coté primitivo d’animazione che letteralmente saltella ai lati dell’inquadratura (e non solo). Si tratta della rappresentazione di quell’esserino che sta nella pancia della protagonista
Mostrare una ragazza decisa ad abortire, e che non sopporta essere madre, facendo sorridere e commuovere. Scusate se è poco. Il film s’intitola Ninjababy, è ambientato ad Oslo e l’ha diretto la regista norvegese Yngvild Sve Flikke. Chiaro, la questione etica penzola come un’ombra sinistra, soprattutto in Italia, ancor di più in questo momento storico. Eppure la forza creativa del cinema riesce a dare pulsazioni vitali e anima candida oltre il rovello. Rakel (Kristine Thorp) ha 23 anni, è single, divide un appartamento con un’amica, vivacchia tra l’eccentrico e l’indipendente, in attesa di capire cosa vorrà essere da grande. Naturalmente buffa, vagamente goffa, ma soprattutto spensieratamente intensa nel farsi trasportare dagli istinti affettivi, mentre partecipa alla prima lezione di Aikido con l’amica, Rakel scopre che il maestro (Nader Khademi), un piccoletto apparentemente meditativo ma anch’esso comicamente fragile, è colui con cui è andata a letto di recente. Quando nelle ore successive diversi dettagli della quotidianità di Rakel (fame inesausta e nausea) spingeranno l’amica ad obbligarla a farsi un test di gravidanza, si scoprirà che la ragazza è incinta ma non di poche settimane bensì di quasi sette mesi. Scartato così il maestro di Aikido come padre, tra i tanti amanti di una sera, dovrebbe trattarsi di Minchiasanta (Arthur Berning), scopatore folle non proprio pronto alla paternità.
Nascondendo visivamente le tracce evidenti della gravidanza (Rakel non ha mai una vera e propria pancia che aumenta di volume ad indicare il tempo che passa) e mulinando ritmo e situazioni paradossali, la Flikke costruisce un divertente tourbillon casalingo tutto d’interni e ispessito tra mezzi busti e primi piani sfuggenti, rapidi, introspettivi alla ricerca di una quadra sentimentale e organica che altri non è che la scelta definitiva di Rakel. Ninjababy poi riserva un coté primitivo d’animazione che letteralmente saltella ai lati dell’inquadratura (e non solo). Si tratta della rappresentazione di quell’esserino che sta nella pancia della protagonista e che Rakel immagina e disegna (tra i lavori che vorrebbe fare ci sono la guardia forestale, l’assaggiatrice di birra e anche la fumettista) con benda nera, pigiamino e un atteggiamento atletico da tartaruga ninja. Il piccolino prende quindi corpo, anima e carattere puntuto con efficace e semplice bidimensionalità. Duetta con la protagonista creando una onesta e mai mielosa dialettica, nonché una diversione narrativa mai ingombrante e che anzi, lentamente, si scioglie mantenendo saldi i principi realistici di base del film.
Infine, se c’è un elemento tematico, tra i tanti, che Flikke pone con forza è quello di ribaltare la tradizione familiare così come in generale la intendiamo: la donna che non riesce a sentirsi mamma e l’uomo che invece si sente oltremisura padre. Niente di provocatorio. Niente di eccezionale. Probabile che, come ha spiegato più volte la regista, sia una differenza percettiva geografico culturale Nord Europa/Sud Europa del ruolo della famiglia rispetto ad una gravidanza (in Scandinavia gli aiuti di stato sia per gli studi che per gli affitti spingono i giovani ad abitare lontano dai genitori, ad esempio) che fa pure a pezzetti l’idea di un unico tappeto condiviso “europeo”: in Norvegia più sottilmente individuale quindi più anticonformista, nell’area Mediterranea più legata al paracadute economico e sociale familiare quindi più conformista. Insomma, come si diceva una volta: dibattito. Senza dimenticare che Ninjababy fa ridere e fa piangere senza mancare di rispetto a nessun essere vivente. La fumettista Inga Saetre è l’autrice della parte animata e ha sceneggiato il film con la Flikke. Distribuisce in Italia, lontana dalle amate pellicole asiatiche, Tucker Film.