Per la terza volta saltano le elezioni comunali a Lona Lases, piccolo comune in Trentino squassato un paio d’anni fa da un’inchiesta sulla ‘ndrangheta – il processo è in corso è c’è già stata la prima condanna per mafia in Trentino – e sugli interessi delle cosche sulle cave di porfido. Nessuno ha presentato le candidature entro l’11 ottobre, giorno in cui scadevano i termini per presentarle. Le elezioni si sarebbero dovute svolgere il 13 novembre, ma ora tutto slitterà alla primavera 2023. Il Comune è retto da un commissario straordinario, che però ha già annunciato di voler lasciare l’incarico, di conseguenza dovrà esserne nominato un altro.
“Quando nessuno si presenta all’appuntamento delle elezioni è una sconfitta di tutta la comunità”, ha detto il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, al Corriere del Trentino. Sul gruppo Facebook “La primavera dell’autonomia”, l’ex parlamentare Mauro Ottobre (prima indagato nell’ambito dell’inchiesta e poi stralciato), ha scritto: “Forse tutti hanno paura non della presunta mafia ma della procura della Repubblica che è ben diverso e molto più preoccupante”. Dopo aver elencato alcuni punti che a suo modo di vedere “non tornano”, Ottobre conclude: “Tralascio molte cose che avrò modo di dire, ma una cosa la dico a voce alta, politica debole, magistratura forte. Chi ha orecchie intenda”.
La prima sentenza sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore del porfido in val di Cembra è arrivata lo scorso febbraio Il gup Enrico Borrelli aveva emesso la sua sentenza. Riconosciuta l’associazione mafiosa oltre al reato di riduzione in schiavitù per Saverio Arfuso, 49 anni, calabrese di Cardeto: 10 anni e 10 mesi di reclusione (compreso lo sconto di pena prevista dal rito abbreviato), così come richiesto dall’accusa rappresentata in aula dai pm Davide Ognibene, Maria Colpani e Licia Scagliarini. Arfuso, secondo l’accusa, aveva un ruolo apicale negli interessi della ‘ndrangheta nei comuni di Albiano e proprio Lona Lases. Assolto da ogni accusa, invece, Fabrizio De Santis, il carabiniere di 48 anni di Roma che secondo i pm aveva ricoperto il ruolo di “braccio operativo” dell’organizzazione criminale. L’accusa aveva chiesto 6 anni e 8 mesi di reclusione. Di fronte al giudice, sono cadute tutte le contestazioni. Hanno invece patteggiato la pena Mustafa’ Arafat, macedone, 45 anni (ora in carcere per il pestaggio di un operaio cinese), e Giuseppe Paviglianiti, 61 anni, incensurato, originario di Montebello Ionico ma residente a Trento. Per entrambi era caduta l’accusa più pesante, quella di associazione mafiosa. Ad entrambi era stato contesto di aver fornito appoggio ai membri dell’organizzazione criminale, ma di non far parte della stessa. Paviglianiti ha patteggiato 1 anno e 6 mesi di reclusione (con la sospensione condizionale della pena), Arafat 2 anni.
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