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Uk, la classe operaia è tornata. Così il sindacato alza la voce contro le politiche dei conservatori

Olga Nassis, antropologa italo-greca, è attualmente impegnata in una serie di iniziative nei quartieri popolari di Atene. Fa parte di reti internazionali di studio e sostegno sui problemi urbani. In Italia collabora col giornale antimafia “I Siciliani”, da me diretto, le cui tematiche le pagine del “Fatto” ospitano frequentemente.

di Olga Nassis

Appena terminati i funerali dell’amata regina Elisabetta, e appena insediato il governo della molto meno amata “iron lady” Liz Truss, il più grande movimento operaio degli ultimi trent’anni ha paralizzato il Regno Unito. E’ solo l’ultimo della grande stagione di scioperi ferroviari degli ultimi mesi. A giugno la Network Rail – la compagnia che gestisce le strade ferrate – aveva annunciato 2.500 licenziamenti nel settore manutenzione. “Una questione di sicurezza – aveva risposto il sindacato – Vogliono dividerci, vogliono dividere i lavoratori”.

Così Myck Lynch, il leader di RMT, il sindacato nazionale dei lavoratori del settore ferroviario, marittimo e dei trasporti, è diventato il simbolo di una resistenza che va molto oltre l’immediata controversia sindacale e forse anche oltre gli stessi confini materiali del paese.
Mick Lynch, di famiglia irlandese cattolica, di professione elettricista, è cresciuto negli slum di Londra. Rispettoso anche nel modo di presentarsi – sempre senza cravatta – della classe che rappresenta, una “working class” mortificata da decenni di tatcherismo ma che ora vede accendersi una fiamma di rivincita che sembrava impensabile fino a pochi mesi fa. Col suo marcato accento non certo oxfordiano, fatto di frasi brevi e messaggi politici netti e chiari, Linch è freddo e composto anche quando schermisce con britannico humour i tentativi di ridicolizzarlo da parte di tutta la stampa inglese compresa – cosa inconsueta – la BBC.

“Il nostro messaggio è questo: la classe operaia è tornata!”: così chiude i comizi, come quello della manifestazione di lancio della campagna “Enough Is Enough!“. Una campagna che ha dilagato in tutto il paese, con manifestazioni di protesta sempre più affollate. I punti di Mick Lynch e del suo sindacato sono cinque:
1. Un vero aumento di stipendio.
2. Ridurre le bollette energetiche.
3. Porre fine alla povertà alimentare.
4. Case dignitose per tutti.
5. Tassare i ricchi

Nell’Inghilterra soffocata dal costo della vita, dai salari bloccati, dall’azzeramento dello stato sociale, dal generale peggioramento degli ultimi due anni, Lynch chiede la ripubblicizzazione dei servizi essenziali, denuncia il sistema dei subappalti che aumenta i costi ed elude i sindacati, chiede alloggi popolari gestiti dai comuni e di proprietà dei comuni per porre fine alla crisi degli alloggi. Alla stampa che cerca di screditarlo come manipolatore risponde: “Noi facciamo il sindacato, lo sapete che cosa è un sindacato? Si tratta di stabilire se i lavoratori delle ferrovie accetteranno un taglio dei salari in termini reali nei prossimi due anni, oltre alla perdita di un terzo dei ruoli di manutenzione in prima linea e di metà del lavoro di manutenzione programmata. Chiaramente non possono accettarlo”.

E quindi che si fa? “In questi casi si sciopera”, questo dice Lynch.

Dovrebbero essere cose scontate per il Labour Party, che nasce esattamente da esse. Era il lontano 1893 quando dalle prime Trade Union, i sindacati operai, si forma il primo Partito Laburista Indipendente, diretto da un ex minatore, Keir Hardie. Ma da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Le posizioni dei laburisti di oggi, guidati dal moderato Heir Starmer, non sono più quelle – praticamente tatcheriane – del catastrofico Tony Blair, ma non sono nemmeno di sostegno al sindacato: “Richieste giuste – ha sentenziato Starmer – ma scioperi dannosi”, e ha licenziato un suo ministro-ombra che si era fatto vedere ai picchetti dei ferrovieri.

Cacceremo via i conservatori. Il movimento nella società si va ingrandendo e spingeremo il Labour a tornare con i lavoratori” risponde Lynch. In effetti, un sondaggio nazionale ha rilevato che solo il 18 per cento dei cittadini si oppone al diritto di sciopero dei ferrovieri. La stagione di scioperi, picchetti e manifestazioni aperta dal sindacato ha spianato la strada ad altre iniziative di protesta collettiva che coinvolgono un numero sempre maggiore di lavoratori: dai dipendenti del Sistema Sanitario Locale agli addetti alle pulizie, dai servizi pubblici ai portuali che hanno fermato per una settimana Felixstove, il massimo porto inglese.

Gli ingredienti ci sono tutti. C’è una classica vertenza sindacale, quella dei ferrovieri. C’è un paese con sempre più poveri. Ci sono i servizi pubblici essenziali, spietatamente privatizzati, ormai inaccessibili per troppa gente. Oggi per andare da Londra a Oxford paghi 50 sterline e se prendi il treno nelle ore di punta paghi molto di più. C’è una sinistra che non fa più la sinistra, lasciando campo libero agli interessi padronali ed ai loro tradizionali rappresentanti politici, i Tories. Ma da tre mesi in qua Inghilterra c’è chi queste lotte le mette assieme ed ha la solidarietà della popolazione. Per ora, in Inghilterra…