Sul crinale dell’Appennino modenese, alla quota di 1669 m, esiste un luogo denominato “Passo della Croce Arcana” che mette in collegamento l’Emilia Romagna con la Toscana. L’origine di questo nome suggestivo si perde nella notte dei tempi, quando i pellegrini attraversavano il valico nel loro itinerario verso Roma dopo aver fatto tappa presso l’allora importantissima Abbazia di Nonantola. Nelle belle giornate lo sguardo spazia a 360 gradi sulle vallate toscoemiliane, fino alle Alpi Apuane. Una curiosità: qui nel 2020 è stata registrata una raffica di vento a 270 km/h, un record nazionale che già deteneva in precedenza.
Sia dal versante pistoiese (Doganaccia, Cutigliano) che da quello modenese (Ospitale, Fanano) sale uno sterrato che raggiunge il passo; si tratta di una strada forestale ad accesso regolamentato per mezzi di soccorso, della forestale, dei rifugisti o di pochi altri autorizzati, ma da alcuni anni a questa parte i veicoli a motore si riversano al passo senza alcun rispetto né dell’evidente cartello di divieto (che viene regolarmente divelto) e della sbarra (che per ovvie ragioni non è chiusa con lucchetto per permettere accesso ai mezzi di soccorso) né dell’ambiente, parcheggiando dove capita, recando con sé lettini, tavoli, sdraio e sedie per picnic a pochi metri dal monumento in memoria delle vittime della Seconda Guerra Mondiale.
La solita mancanza di controlli per scarsità di risorse e di personale? Macché! Il sindaco di Fanano si lamentò perché la chiusura della strada avrebbe creato problemi di sicurezza con assembramenti nei parcheggi a valle, sovraffollati a causa del lockdown che aveva convogliato verso le montagne grandi quantità di turisti incapaci di rinunciare alle comodità nemmeno in un ambiente completamente diverso da quello urbano. Oggi che le norme per contrastare la pandemia si sono molto alleggerite non solo la situazione non è cambiata, ma la grande novità è questa: la strada è stata ceduta per un limitato periodo al Comune di Fanano che se ne assumerà gli oneri di manutenzione e relative responsabilità della gestione, con ciò permettendone il transito per un lungo tratto.
Da tempo il Comune vuole rendere carrabile la strada, coltivando un progetto “che prevede sistemazione del fondo e posa di nuova ghiaia mescolata a cemento in modo da rendere la strada bella, poco invasiva da un punto di vista estetico ma comunque resistente come l’asfalto” (si parla di zona B del Parco Regionale).
Ma questo progetto fa parte di un disegno molto più ampio ed articolato. La creazione di un megacomprensorio sciistico che parte dal Corno alle Scale nel bolognese ed arriva fino all’Abetone è il sogno nel cassetto di amministrazioni locali ed imprenditori, incuranti delle aree protette coinvolte e dei cambiamenti climatici in atto. Al Corno alle Scale siamo alle vie legali tra coloro che invocano la non obbligatorietà della Via (valutazione di impatto ambientale) per un ammodernamento degli impianti e le associazioni che invece sostengono si tratti di nuove strutture, incompatibili con le normative ambientali e da assoggettare a valutazione di impatto ambientale.
I lavori di ripristino della funivia da Doganaccia a Croce Arcana (partenza a quota 1500 m, sul versante sud), realizzata nel 1964 e dismessa nel 2004 per fine vita dell’impianto e scarso rendimento, sono stati nuovamente appaltati nel 2021 con inizio cantieri previsto nel 2023. Un mese fa la notizia del reperimento dei fondi per il collegamento tra Doganaccia e Corno alle Scale, oltre 15 milioni di euro: inutile sottolineare che si tratta di denaro pubblico per ottenere parte del quale occorre però il benestare del Ministero del Turismo.
Nella cordata che prenderà in gestione gli impianti del Corno alle Scale, oltre ad imprenditori locali e maestri di sci, figura tra gli altri l’ex ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti: qualcuno forse lo ricorderà perché nel 2016, con una lettera congiunta, cinquanta alti esponenti della scienza e della cultura ne chiesero la sostituzione per manifesta inadeguatezza.
Le amministrazioni parlano di “un’occasione da non perdere per il rilancio di tutto il comprensorio”, e prospettano importanti ricadute economiche; nel frattempo il disegno complessivo avanza incurante della concomitanza di stagioni invernali sempre più corte e secche e sciatori in diminuzione, in un territorio dove i servizi per gli abitanti si riducono sempre più si decide di investire milioni di euro in impianti turistici dall’incerto futuro e di sicuro reddito solo per pochi.