Per ascoltarla c’è una processione ordinata e silenziosa. Sarà per il sorriso che regala a chiunque le si avvicini, o per quel modo che ha di guardare le persone, come fossero amici che hanno qualcosa di importante da dirle o da chiederle. Tutti le danno del “tu”, e lei non fa una piega. Forse perché tutti, chi in pista e chi davanti alla tv, hanno partecipato, in un certo senso, alle sue vittorie. Già, le sue vittorie. L’impresa più bella – e inaspettata – di quest’anno è arrivata alle Olimpiadi di Pechino, con condizioni non sue (ha da sempre sofferto le temperature troppo basse) e su una pista che, per l’altitudine, richiedeva un extra-sforzo. Ma Dorothea Wierer ha portato a casa il bronzo nella sprint (il suo terzo sigillo olimpico) che va ad aggiungersi a una bacheca da leggenda vivente della disciplina: dieci medaglie Mondiali (tre d’oro, quattro d’argento e tre di bronzo) e, soprattutto, due Coppe del mondo generali (e quattro di specialità). Ogni anno per la campionessa di Rasun sembra sempre l’ultimo (“il mio sogno è avere dei figli”, va ripetendo almeno dal 2018, quando già diceva “non faccio progetti a lungo termine, le Olimpiadi in Cina sono lontane”), ma poi scatta qualcosa. Ed eccola lì, l’icona del biathlon, super seguita (forse più all’estero che in Italia), volto di diversi sponsor, al cancelletto di partenza. Con una preoccupazione in più, quest’anno: la guerra.
Partiamo da qui.
Ero in ritiro in Austria per gli allenamenti e ho incontrato gli atleti ucraini. Si spostano con le loro famiglie, perché alcuni di loro non hanno più una casa. Da subito sono rimasta in contatto con Blashko (Darya, biathleta ucraina ndr). Mi raccontava che dal giorno alla notte non aveva più nulla. Lei è fortunata, perché ora vive in Slovenia.
C’è chi lo è stato meno. Abbiamo visto le foto dei biatleti Dmytro Pidruchnyi e di Bohdan Tsymbal vestiti da militari, al fronte.
Ora, quando mi capita di sentirli, resto impressionata dalla loro fiducia. Pensano che la guerra finirà presto. Io sono preoccupata per la situazione che si è venuta a creare. Non capisco nulla di politica, ma posso dire che bisogna parlare di pace, si deve tornare alla normalità il prima possibile.
Una domanda da comune mortale: lei ha fatto l’impresa di vincere due Coppe del mondo generali. Che sensazione le fa, ogni tanto ci pensa o è tutto normale?
Le tengo in soggiorno, come decorazione (ride, ndr). Sono molto orgogliosa di quello che ho fatto, ma ora non ci penso. Magari le apprezzerò quando sarò più vecchiotta e mi dirò: ‘Cavolo, ero forte una volta’. Ma ora non ci bado, forse perché sono ancora in attività…
Baratterebbe una Coppa del mondo con un oro olimpico?
Difficile. Sono due cose molto diverse. È molto più complicato ottenere la Coppa del mondo, perché ci vuole una stagione intera. È necessaria la costanza, non puoi saltare le gare, non puoi ammallarti. Insomma, deve andare tutto bene. Per quanto riguarda le Olimpiadi, invece, serve più fortuna: durano dieci giorni, e molto dipende da come stai in quel brevissimo periodo.
Secondo una recente ricerca, lei compare tra i/le dieci sportivi/e più influenti in Italia. Insieme a Matteo Berrettini e Jannik Sinner, è l’unica a non giocare a pallone. Che effetto le fa? Sente una certa responsabilità verso i giovani?
Mi fa molto piacere, soprattutto perché viene rappresentato il biathlon. Si sa che in Italia c’è il calcio e poi tutto il resto è qua giù (abbassa la mano sotto le ginocchia e ride, ndr). Però non mi dà fastidio, è così e lo sappiamo. Per quanto riguarda i giovani, cerco di dare l’esempio facendo il mio, al massimo delle mie possibilità.
Un personaggio come lei, quanto può spostare in termini di seguito tra i giovanissimi, anche in termini di praticanti?
Ho notato che adesso ci sono tantissimi giovani biatleti e biatlete. Negli ultimi anni il numero è quasi raddoppiato. Il nostro sport regala adrenalina, è come un gioco per un bambino, se uno ha la forza di volontà e la voglia di fare fatica può fare qualcosa di bello.
Come ha iniziato?
Lo praticavano i miei fratelli, io ho provato e ho visto che mi veniva bene. Loro hanno smesso subito. Io sono ancora qui.
A proposito di questo, gli addetti al settore dicevano che avrebbe smesso dopo la scorsa stagione…
Ho pensato parecchio al mio futuro. Ho fatto anche un lunghissimo stop e quando ho ricominciato è stata durissuma. Anche perché nel mezzo ho fatto casa nuova, è stato faticoso. Ci sono giorni in cui mi chiedo se ho fatto bene oppure no a prendere la decisione che ho preso. Ci sono momenti in cui fila tutto liscio, altri in cui gira tutto storto e il poligono non lo vedi nemmeno. E allora mi chiedo: ‘Chi me lo fa fare?’.
E la risposta?
Alla fine mi piace il mio lavoro. E voglio dimostrare di essere ancora tra le migliori. Mi piace soffrire e fare fatica. Poi sì, mi pesa stare lontana da casa, da mio marito e dai miei amici. Ma la mia fortuna è che ho voglia di vincere. Se parto, parto per vincere.
L’anno prossimo ci sono i Mondiali in Germania, dove il biathlon è molto seguito. I commentatori dicono che poi smetterà. Li smentirà un’altra volta?
Ho la fortuna di essere da tantissimi anni ai vertici, non ho nulla da perdere e tutto da vincere. In questo senso, posso anche smettere domani e nessuno mi può rimproverare di nulla.
Cosa c’è nel suo futuro?
Dopo il biathlon voglio avere dei figli e ho un progetto in mente, che devo studiare nei dettagli, e che non posso rivelare.
Fare tv?
Non credo, non sono fatta per gli scandali, in televisione piacciono.
Tornando allo sport. C’è chi la vorrebbe a Milano-Cortina.
Ora l’idea mi pesa, mi concentro sulla stagione di quest’anno e poi vediamo. Come atleta sarebbe un sogno, ma c’è anche altro nella vita, non solo lo sport.
Malagò aveva detto che l’avrebbe convinta…
(Ride, poi si fa subito seria, ndr). La decisione spetta a me.