“Siamo tutti eredi del Duce”. Si può partire di qui, da questa frase di congedo da mai risolte polemiche, per inquadrare il rapporto di Ignazio La Russa con la Storia. Era il 15 settembre scorso, giusto quattro giorni prima che il fratello Romano alzasse il braccio al funerale di uno storico esponente della destra. Le rassicurazioni di rito si sprecano: “I conti col passato li facemmo già a Fiuggi. A noi fanno sempre le analisi del sangue. In FdI non c’è spazio per i nostalgici“. E poco importa se in casa sua, davanti alle telecamere, esibiva una collezione di busti di Mussolini, medaglie degli arditi e altri cimeli.

Neanche finita la votazione, Ignazio La Russa ha raggiunto i 104 voti necessari per l’elezione diventando il 28esimo Presidente del Senato. Non era mai successo nella storia repubblicana: La Russa espugna così la vetta più alta dei palazzi di Roma, dopo essere stato due volte “vice”. Fu ministro della Difesa, ma in un governo di centrodestra. Salendo oggi sulla poltrona più alta di Palazzo Madama, diventa di fatto seconda carica dello Stato dopo Mattarella.

Nostalgici o meno, i post-fascisti se lo prendono comunque lo spazio davanti alla Storia. Quella con la “s” minuscola, figlia di procedure parlamentari di regola trascurabili, ha appena prodotto uno dei suoi cortocircuiti impensabili: quello per cui tocca a Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e simbolo dell’antifascismo, proclamare Ignazio Benito Maria La Russa, uomo simbolo della riscossa della destra italiana, Presidente del Senato. “Tocca propria a me presiedere la seduta, a 100 anni dalla marcia su Roma, provo una vertigine”, la sua intima confessione in aula.

Gli esordi col Fronte della Gioventù
Ignazio Benito Maria La Russa nasce a Paternò (CT) il 18 luglio 1947. Vive e lavora a Milano. Padre di tre figli, Geronimo, Lorenzo e Leonardo. Ha studiato a St. Gallen, in un college della Svizzera tedesca per poi laurearsi in Giurisprudenza presso l’Università di Pavia.

Si trasferisce a Milano e nel 1971 è responsabile del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano. In questi giorni i social ripropongono il cameo di La Russa nel film di Marco Bellocchio “Sbatti il mostro in prima pagina” (1972), che si apre con alcune riprese reali di un comizio a Milano della “maggioranza silenziosa”, un movimento politico anti-comunista a cui aderivano esponenti democristiani, missini, liberali e monarchici.

Il 12 aprile 1973, quando era uno dei capi del Fronte a Milano, nella manifestazione organizzata dal Movimento Sociale Italiano contro quella che veniva definita violenza rossa furono lanciate due bombe a mano, una uccise il poliziotto di 22 anni Antonio Marino. La Russa fu indicato come uno dei responsabili morali dei lanci di bombe.

Viene candidato alle elezioni regionali in Lombardia del 1985 dall’MSI, eletto nel collegio di Milano con 24.096 preferenze in consiglio regionale. Riconfermato alle regionali lombarde del 1990. Nel 1987 fu il legale della famiglia Ramelli al processo per l’omicidio del giovane militante missino. Dal 1989 al 1994 è stato consigliere comunale di San Donato Milanese.

Metà della vita in Parlamento
Il salto nella politica nazionale avviene nel 1992, quando La Russa, forte di 26mila preferenze, viene eletto alla Camera dei Deputati nelle lite del MSI. Venne riconfermato tra le liste di Alleanza Nazionale alla Camera nelle politiche del 1994 di cui diventa Vicepresidente.

Durante la Svolta di Fiuggi del 1995, fu in prima linea nella fondazione di Alleanza Nazionale, guidata da Gianfranco Fini. Venne rieletto nuovamente nel 1996 per il Polo per le Libertà e nel 2001 per la Casa delle Libertà. È stato capogruppo di AN dal 4 giugno 2001 all’8 ottobre 2003.

Quando Gianfranco Fini nella storica visita in Israele definì il fascismo “male assoluto”, La Russa tacque. Salvo rivelare, dieci anni dopo: “Io non direi mai che e’ il male assoluto” (La Russa a La Zanzara, 2/2/2013). Continuando “nel fascismo ci sono state molte luci, solo qualche comunista nostalgico di Stalin e del muro di Berlino continua a considerarla un’eresia. Fino al 1938 lo dicevano i capi democratici di tutta l’Europa”.

Si candida alle elezioni amministrative del 2004 come consigliere della provincia di Milano nel collegio di Busto Garolfo, ma non è eletto. Viene rieletto invece deputato alle elezioni del 2006 e del 2008, questa volta nelle liste del Popolo della Libertà. Dal 2008 al 2011 è il ministro italiano della Difesa. Fu lui, raccontano le cronache, a convincere Berlusconi a partecipare all’intervento militare in Libia del 2011, che pose fine al regime di Gheddafi. In quel periodo si fece notare per rapporti non proprio cordiali coi giornalisti, alcuni dei quali presi a calci. Il 17 dicembre 2012 annuncia la sua uscita dal Popolo della Libertà e tre giorni dopo fonda, assieme a Giorgia Meloni e Guido Crosetto, il nuovo partito Fratelli d’Italia.

Alle politiche del 2013 è rieletto deputato con Fratelli d’Italia, optando per il seggio nella circoscrizione Puglia. Dopo 26 anni trascorsi ininterrottamente alla Camera dei deputati alle elezioni politiche del 2018 viene candidato al Senato della Repubblica in quota Fratelli d’Italia. Il 28 marzo 2018 viene eletto Vicepresidente del Senato della Repubblica con 119 voti. Alle elezioni politiche anticipate del 25 settembre 2022 viene candidato per il Senato e vince il collegio uninominale con il 46,40%.

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