Siamo in attesa di conoscere la composizione del nuovo governo ed io sono in attesa di conoscere il nome del nuovo ministro alla Salute e dei suoi collaboratori. Sembra tramontata l’ipotesi di Letizia Moratti che si è resa indisponibile perché preferisce continuare a “disturbare” l’attuale ricandidato alla presidenza della regione Lombardia il prossimo anno. Speriamo che il sostituto di Roberto Speranza sia un tecnico che abbia idee salde per risparmiare, prima di spendere, e di allocare bene le scarse risorse di medici ed infermieri.
Nel mentre mi pare opportuno ritornare su un argomento secondo me delirante su cui prendere subito provvedimenti a livello locale e nazionale. Le case di comunità. Sono stati stanziati 7 miliardi di euro per la sanità, il fulcro degli investimenti sarà destinato alla loro costruzione ed allestimento. Queste case sono state fortemente volute in regione Lombardia proprio dall’assessore alla sanità, Letizia Moratti.
Ma vediamo meglio di cosa si tratta. Se andiamo sul sito regionale scopriamo che: “Le Case di Comunità sono le nuove strutture socio-sanitarie che entreranno a fare parte del Servizio Sanitario Regionale e sono previste dalla legge di potenziamento per la presa in carico di pazienti affetti da patologie croniche … All’interno di queste strutture sono presenti equipe di medici di medicina generale, pediatri, medici specialisti, infermieri e altri professionisti della salute (tecnici di laboratorio, ostetriche, psicologi, ecc.) che operano in raccordo anche con la rete delle farmacie territoriali”.
E qui sorge il primo dubbio più volte espresso: dove prendono infermieri e medici cronicamente carenti? Ma andiamo avanti.
Se apriamo le griglie successive scopriamo che sono luoghi ove si potranno fare prelievi, vaccini, visite specialistiche (solo alcune!) con alcuni esami strumentali, si potrà essere educati alla alimentazione, ci sarà assistenza come consultori, financo si potrà avere assistenza amministrativa.
E resto sempre più allibito perché se da un lato mi sembrano doppioni delle attuali Asl di territorio (le faranno sparire? Non era meglio rinnovare quelle in essere?) che coprono la maggior parte delle esigenze locali; dall’altro mi sembrano come moderni e piccoli reparti avulsi dalla realtà completa ospedaliera.
Leggendo mi è tornato alla mente quel bellissimo reparto di Rianimazione ultramoderno messo in campo a tempo di record, con soldi donati (e buttati!) utilizzando un padiglione della fiera di Milano durante l’attacco acuto del virus che ci tiene ancora in scacco. Fortunatamente non venne utilizzato se non per pochi pazienti. Mi chiedo chi è stato quel genio che ha potuto pensare, ma forse il nome gira in questi giorni come ministro, ad organizzare una struttura che poteva essere posta all’interno, ad esempio, di padiglioni vuoti di Niguarda, vicino a tutti gli specialisti utili e utilizzabile per sempre.
Ma il bel paese è talmente sicuro dei suoi uomini politici che ci ricasca e li ascolta e li rinomina.
Siamo così sicuri che strutture intermedie fra studio del medico di base e ospedale siano così utili? Il nuovo ministro non potrebbe invece finalmente riorganizzare la medicina del territorio facendola diventare pubblica, non più privata accreditata, e porre i medici del territorio in strutture ospedaliere, pubbliche e private accreditata, a contatto con tutti gli specialisti e tutti gli esami strumentali utili alla diagnosi?
Bisogna salvare il nostro Sistema Sanitario Nazionale. Vogliamo chiedere come fare a chi per primo lo ha rovinato visto che andrà ad insegnare e non sarà più agli arresti domiciliari? Rammentate tal Roberto Formigoni… O vogliamo ascoltare le mie idee chiare?
Ma Confucio diceva: “Quando fai qualcosa, sappi che avrai contro quelli che volevano fare la stessa cosa, quelli che volevano fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non volevano fare niente”.