I fratelli George e Alfred Degiorgio, i sicari che hanno organizzato il piano ed eseguito l’omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, sono stati condannati a quarant’anni di prigione ciascuno. Dovranno inoltre pagare le spese processuali e restituire i proventi del crimine. Il giudice – secondo quanto riportano i media maltesi – ha sostanzialmente confermato i termini di un patteggiamento dell’ultimo minuto, che ha permesso ai due killer di evitare la condanna a vita. I fratelli, di 59 e 57 anni, dovranno trascorrere un lungo periodo in prigione, ma se manterranno una buona condotta in carcere possono sperare di uscire prima della fine delle rispettive vite.

I Degiorgio erano stati arrestati ai primi di dicembre 2017, appena 42 giorni dopo l’omicidio, grazie al lavoro congiunto delle polizie di mezzo mondo, a cominciare da Fbi, Europol e Scotland Yard, con la collaborazione dei corpi di Italia, Finlandia, Olanda e Francia. Per quasi quattro anni avevano mantenuto il silenzio, nonostante le accuse e le rivelazioni nei loro confronti di tre pentiti: l’intermediario di morte, l’ex tassista ed usuraio Melvin Theuma, che ha ottenuto il condono tombale per le prove che hanno incastrato anche il mandante Yorgen Fenech, e il loro complice Vincent Muscat (il loro autista e tuttofare, che ha patteggiato 15 anni di carcere). Ma giovedì, alla ripresa dopo la pausa pranzo della prima udienza del processo (che è stata anche l’unica) hanno ammesso di aver commesso i reati di cui erano accusati, nonostante fossero entrati in aula dichiarandosi ancora non colpevoli.

L’uccisione con un’autobomba della giornalista investigativa, il 16 ottobre del 2017, aveva indignato l’opinione pubblica a livello mondiale, scatenando proteste di massa a Malta e portando alle dimissioni del primo ministro. All’apertura del processo il giudice ha dichiarato che la richiesta della difesa di sospendere il procedimento a causa della mancanza di tempo per prepararsi era stata respinta. Mentre il sostituto procuratore generale, Philip Galea Farrugia, ha chiesto alla giuria (composta da nove persone) di mantenere l’imparzialità, lasciando da parte i sentimenti: “Daphne Caruana Galizia era molto conosciuta e alcuni potevano essere d’accordo con lei, mentre altri no”, ha detto. “A prescindere dalle vostre simpatie, non dovrebbero essere un fattore nella vostra decisione”. Tra gli osservatori in aula c’erano anche rappresentanti di gruppi per la libertà di stampa, tra cui Reporter senza frontiere e il Centro europeo per la libertà di stampa e dei media.

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