Questo 15 ottobre 2022 ricorre il 60esimo anniversario della crisi dei missili a Cuba, conosciuta in Russia come la “Crisi dei Caraibi”. L’episodio nel quale si è toccato lo zenit della tensione tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America e che ha catapultato il mondo sul baratro della guerra nucleare. Due settimane di “fiato sospeso”, fino a quando Kennedy e Krusciov trovarono un accordo, riuscendo a disinnescare l’apocalissi nucleare.
Per capire il livello di allarme percepito in quei momenti dalla Casa Bianca, basti pensare che le forze armate statunitensi attivarono il DEFCON 2. L’acronimo DEFCON sta per DEFense CONdition (condizione di difesa) e rappresenta una scala di 5 livelli di incremento della fase di allarme e preparazione dell’apparato militare. Il livello 5 è il più basso, il livello 1 (mai raggiunto) rappresenta l’apice, momento nel quale si possono utilizzare armi nucleari. Il DEFCON 2 è stato utilizzato solo due volte dagli Usa: nella crisi dei missili a Cuba e all’inizio dell’operazione “Desert Storm” (Guerra del Golfo). Giusto per capirsi, durante il terribile attacco al World Trade Center dell’11 settembre del 2001, fu attivato il DEFCON 3.
Ma torniamo alla mattina di quel 15 ottobre 1962, quando J. F. Kennedy venne informato che alcune foto aree realizzate con il Lockheed U-2 constatavano la presenza a Cuba di installazioni (non ancora complete ma quasi) per il lancio di missili balistici a medio raggio. Tra Cuba e le coste della Florida ci sono meno di 200 km e un attacco da quella distanza avrebbe reso inefficaci le difese Usa. La Casa Bianca doveva evitare che l’installazione venisse completata, che venissero attivati i sistemi di lancio e che la Urss potesse tenere “sotto tiro” il suolo statunitense.
La relazione tra Kennedy e la Cuba di Castro era stata fino a quel momento burrascosa, considerando l’attacco fallito della Baia dei Porci (17-19 aprile 1961) e l’inasprimento dell’embargo all’isola caraibica. Infatti se da un lato fu il predecessore di Kennedy, Dwight D. Eisenhower, a rompere le relazioni diplomatiche con Cuba (il trionfo della rivoluzione era avvenuto il 1° gennaio 1959) fu proprio J.F.K. a mettere le basi per l’embargo totale (che incluse cibo e medicine) che conosciamo oggi.
Gli Stati Uniti vedevano Cuba come una minaccia e come un grosso smacco diplomatico e militare. Dopo il fallimento della Baia dei Porci le forze armate statunitensi decisero di dare il via libera alla possibilità di un’invasione diretta (con militari Usa) in suolo cubano e battezzarono l’operazione come Mongoose (Mangusta). L’operazione, anche conosciuta come The Cuban Project e organizzata dalla Cia, durò dal 1961 al 1975. Questi piani però vennero scoperti dall’intelligence sovietica che avvisò tempestivamente L’Avana e propose l’installazione sull’isola di un dispiegamento di forze sovietiche come deterrente per possibili future invasioni.
Nikita Kruschov dette l’ordine di attivazione dell’operazione Anádir e, dopo alcuni disaccordi con Fidel Castro sulle modalità del dispiegamento degli armamenti, si procedette a rendere operativa la forza militare sovietica nei Caraibi. Tra metà giugno e il 22 ottobre 1962, Cuba ricevette dall’Urss varie piattaforme di lancio, più di 40 razzi R-12, circa 45 testate nucleari, 42 bombardieri Ilyushin Il-28, un reggimento di caccia con circa 40 aerei MiG-21, divisioni della difesa aerea sovietica e reggimenti di fanteria meccanizzata per un totale diverse migliaia di tecnici e militari sovietici sull’isola. La parte finale dell’operazione Anádir (mai realizzata) prendeva il nome di operazione Kama e prevedeva l’arrivo a Cuba di 4 sottomarini nucleari per installare una base navale nel porto del Mariel.
Questo affronto militare dell’Urss agli Usa “pareggiava” quanto realizzato dagli Stati Uniti D’America nel 1958 e 1959 (presidenza Eisenhower), quando dispiegarono missili balistici con testate nucleari (JSM-78 Jupiter con una gittata di 2400 km e 100 volte più potenti della bomba di Hiroshima) in Italia e Turchia, paesi membri della Nato ma molto vicini, geograficamente, all’Urss.
Nel contesto dell’operazione Anádir le forze navali sovietiche stavano viaggiando per raggiungere Cuba e completare il dispiegamento di forze sull’isola, ma per evitare questo stadio finale Kennedy era disposto a tutto. Il 22 ottobre 1962 il presidente Usa parla durante 17 minuti al popolo statunitense in televisione, annunciando pubblicamente un blocco aeronavale intorno a Cuba (a partire dal 23 ottobre). Kruschov risponde che questo equivale ad un’aggressione e che non darà ordine alle navi sovietiche di cambiare rotta.
Il blocco navale statunitense viene appoggiato dall’OEA e al dispiegamento Usa si aggiungeranno nei giorni successivi navi argentine, venezuelane e domenicane: la flotta combinata Usa-America Latina prenderà il nome di Task Force 137 o TF-137. Da quel momento in avanti si assiste ad una scalata delle tensione con dichiarazioni e contro dichiarazioni di Kennedy, Kruschov e Fidel Castro. Se gli Usa dovessero attaccare Cuba, Castro e Kruschov sono disposti ad utilizzare le armi nucleari.
Solo il 28 ottobre si arriva ad accordo tra le due superpotenze nel quale l’Urss chiede garanzie che gli Usa non invaderanno Cuba (e non appoggeranno invasioni sull’isola), chiedendo inoltre lo smantellamento delle basi missilistiche nucleari statunitensi in Turchia e il ritiro del missile balistico a medio raggio PGM-19 Jupiter nel sud Italia: in cambio, Kruschov si impegna a smantellare tutto l’apparato militare sovietico sull’isola caraibica, ponendo fine alle crisi dei missili a Cuba: le operazioni di smantellamento, sotto la supervisione della TF-137, sarebbero durate per quasi tutto il mese di novembre.