C’è qualcosa di portentoso nella nuova Ferrari 296 GTS: infatti, l’ultima Rossa decappottabile raggiunge nuovi assoluti tecnici, superando i limiti che erano stati tracciati dalla generazione precedente di supercar. Sembra una sviolinata, ma provate voi a trovare un’altra sportiva che può andare veloce come il vento, marciare nel silenzio della propulsione elettrica o nel brivido sonoro (e sensoriale) di quella termica – con note da motore V12, oltretutto – e passare da una carrozzeria coupé a una spider in una manciata di secondi. Visto? Non c’è nulla di simile in circolazione.
E poi è bella da far male ed è stata progettata per essere la Rossa più divertente della gamma: sì, la carrozzeria convertibile comporta un aggravio di circa 70 kg in più rispetto al coupé GTB. Ma, realmente, chi potrà mai percepire questi chili extra? Anche perché qui il rapporto peso/potenza è di 1,86 kg/CV. Roba dell’altro mondo. Dall’edizione chiusa la GTS riprende il design, ispirato alla 250 LM. Tuttavia, la spider-coupé ha un’architettura del padiglione propria, perfettamente integrata col tonneau cover con vetro brunito da cui si intravede il motore V6 biturbo. Molto fine anche il cosiddetto “Flying Bridge”, che mette in soluzione di continuità le due pseudo-gobbe aerodinamiche poste dietro la testa dei passeggeri: serve anche a limitare le turbolenze a quel livello.
Per il resto, il linguaggio estetico è quello della GTB, fatto di un doppio layer visivo: la porzione superiore della carrozzeria, quella verniciata, è caratterizzata da forma tornite ed eleganti. Quella inferiore, messa in risalto dal carbonio, esalta la “porzione tecnica” del veicolo, quella inferiore, dove avvengono le magie aerodinamiche del Cavallino. La coda tronca – con scarico centrale alto e sfoghi dell’aria calda che dialogano visivamente coi fanali – esprime una forte personalità, che fonde insieme tradizione e innovazione, pilastri concettuali su cui si poggia il lavoro del Centro Stile, diretto da Flavio Manzoni. Lo spoiler? C’è ma non si vede: fuoriesce all’occorrenza e genera 100 kg di carico verticale alla velocità di 250 km/h.
L’abitacolo, con plancia orientata al guidatore, è minimalista ma hi-tech grazie alla presenza del cockpit virtuale, ampiamente configurabile e da cui si possono controllare le informazioni relative all’auto, all’intrattenimento e al gps: il tutto si gestisce dal volante, dotato di comandi a sfioramento e dei manettini che servono per impostare le modalità di funzionamento del power-train e degli aiuti elettronici di guida. Ulteriore omaggio all’heritage è il selettore del cambio, che ricalca le forme del classico cancelletto delle vecchie trasmissioni manuali.
La 296 GTS è anche il primo bolide a cielo aperto del Cavallino spinto da un motore V6 plug-in, abbinato alla trazione posteriore. La tecnologia ibrida ricaricabile permette di viaggiare per 25 km in modalità 100% elettrica fino a una velocità di 135 km/h, un plus nella guida urbana o quando si ricerca maggiore discrezione. Il powertrain è capace di una potenza massima di ben 830 cavalli: risulta dalla sinergia di V6 biturbo – da solo eroga 663 Cve 740 Nm di coppia motrice – e un propulsore elettrico. Quest’ultimo è alimentato a batteria a litio da 7,45 kWh di capacità – posta subito dietro l’abitacolo, dinanzi al V6 – è il medesimo visto sulla SF90 Stradale: eroga 167 Cv e 315 Nm aggiuntivi.
L’architettura telaistica a propulsore centrale – posto quindi in mezzo agli assi – è strutturata attorno a uno chassis fatto di alluminio, imparentato con quello della SF90 Stradale. Rispetto alla precedente berlinetta di riferimento, la F8 Tributo, il passo si accorcia di 5 cm a 260 totali: quota che enfatizza il senso di compattezza visiva trasmesso dalla vettura e ne amplifica l’agilità su strada. Per i più esigenti è disponibile anche l’allestimento “Assetto Fiorano”, che consente di incrementarne ulteriormente le prestazioni, specialmente in pista, grazie a contenuti tecnici che riducono il peso e ottimizzano l’handling.
La posizione di guida è rasoterra, raccolta, con le gambe semidistese e i parafanghi anteriori in primo piano, come si conviene alle automobili sportive. Il sedile è piacevolmente contenitivo ma comodo. Il V6 si avvia con un latrato non troppo sommesso e lascia subito filtrare in abitacolo piacevoli note gutturali. Fin dai primi chilometri si apprezza la prontezza dell’avantreno, collegato a uno sterzo a servoassistenza elettrica dalla taratura direttissima. Fra le curve i ritmi che si possono mantenere sono al limite del cardiopalmo: l’auto si inserisce in curva come un lampo, assecondata da un retrotreno svelto e inchiodato all’asfalto, tenuto sotto controllo dalla briglia invisibile dei controlli elettronici. La spinta assicurata dal powertrain elettrificato è impressionante, in ogni marcia e frangente, così come la capacità di trazione: il motore elettrico azzera qualsiasi ritardo di risposta del termico e gli assicura cavalleria extra su tutto l’arco dei giri, che il V6 agguanta famelicamente fino a limitatore. La linearità dell’erogazione è tipicamente da motore aspirato, mentre la coppia motrice assicurata dai turbo è non meno che schiacciante.
L’eManettino, sulla parte sinistra del volante, consente di gestire la resa del propulsore, ma è il Manettino tradizionale, sulla parte destra del volante, a funzionare da “emozionometro”: richiamando le modalità di guida più sportive, la coda si fa più viva, maggiormente incline al sovrasterzo. In sintesi, il cervello elettronico dell’auto aiuta il driver a sentirsi un pilota, consentendogli di domare al meglio l’enorme potenza a disposizione. Il tutto è riassumibile in una parola: accessibilità. La stessa che consente a ogni ferrarista, più o meno smaliziato al volante, di tirare fuori il meglio da sé e dal veicolo. Su strada i limiti di quest’ultimo sono quasi irraggiungibili e si riescono a mantenere andature altissime col minimo sforzo. In questo senso è preziosa la capacità dell’auto di predire l’aderenza dell’asfalto intrecciando i dati provenienti dalla sensoristica installata sui tiranti dello sterzo, con quelli provenienti dall’angolo volante e dai pneumatici. In base a questi dati, l’elettronica intelligente che gestisce powertrain e traction-control si regola di conseguenza.
L’ultima evoluzione dell’ABS consente di portare la frenata molto all’interno della curva, quasi al punto di corda. E che frenata: il comando è by-wire, ma assicura un feeling da comando tradizionale, con un pedale del freno corto e dal mordente immediato; quasi superfluo ricordare che l’impianto sfrutta dischi carboceramici, instancabili. Gli 830 Cv di potenza massima sono erogati nella modalità Qualifying, la più sportiva, che mette le prestazioni al primo posto e invia tutto il quantitativo di energia disponibile nella batteria al motore elettrico. Tutto ciò ha un prezzo, che rende la 269 GTS un sogno per pochi: si parte da 320 mila euro. E poi dicono che i soldi non facciano la felicità.