Il calcio, le pressioni e la depressione. Ronaldo Il Fenomeno si confessa e nel corso di un’intervista al quotidiano sportivo spagnolo Marca, in occasione della presentazione del docufilm di Dazn sulla sua vita, L’ascesa, la caduta e la redenzione di Ronaldo, ha deciso di raccontare all’amico ed ex compagno di squadra e di Nazionale, Roberto Carlos, i periodi più difficili della sua carriera da calciatore e, poi, da dirigente, confessando di essersi affidato da più di due anni a un terapista a causa della depressione che lo ha colpito.
“Sì, oggi faccio terapia e la porto avanti da due anni e mezzo. Mi permette di capire meglio ciò che avevo provato prima. Io vengo da una generazione nella quale eri gettato nella mischia, dovevi cavartela senza avere possibilità di chiedere aiuto. Guardandomi indietro vedo che siamo stati esposti a uno stress mentale molto, molto grande senza essere preparati. Non c’era alcuna preoccupazione per la salute mentale dei giocatori, mentre oggi sono molto più preparati, ricevono le cure mediche necessarie per affrontare la giornata e, inoltre, c’è uno studio maggiore sui giocatori riguardo ai loro profili, come reagiscono e come dovrebbero reagire. Ai miei tempi non c’era niente di tutto questo. Si sa da molto tempo come il calcio possa essere una fonte di grande stress e avere un peso enorme nell’esistenza di un calciatore”.
La stella brasiliana, numero 9 mai dimenticato della Seleção, tratta un tema delicato, personale, e che nel mondo del calcio è ancora oggi vissuto come un tabù, ma che rappresenta la quotidianità per molti atleti sottoposti a pressioni psicologiche a volte più grandi di loro, anche a causa della giovane età. Nell’epoca di Ronaldo, come spiega lui stesso nell’intervista, l’assistenza per la salute mentale era minima così come la possibilità di chiedere aiuto: “La realtà è che non sapevamo nemmeno che esistesse questo tipo di problema. Questo tema è stato assolutamente ignorato dalla nostra generazione. In tanti, ovviamente, hanno attraversato momenti terribili, anche di depressione, per la mancanza di privacy e libertà. È altrettanto vero che i problemi erano molto evidenti, ma le soluzioni non erano subito disponibili”.