Moda e Stile

Veronica Leoni racconta Quira, il suo brand altamente sartoriale: “A volte gli abiti mi appaiono addirittura in sogno, ogni capo deve emanare energia”

Classe 1984, nate e cresciuta a Roma, dove ha assorbito tutte le energie di una città costituita su codici artistici trasversali, una laurea in Lettere e un passato - da Jil Sander con la signora Jil prima e da Céline con Phoebe Philo poi - che si è impresso nel suo stile personale, caratterizzandone la femminilità rigorosa, pura e pragmatica. L'abbiamo incontrata nel suo quartier generale milanese per scoprire con lei il progetto alla base del marchio e la nuova collezione Primavera/Estate 2023

di Ilaria Mauri

L’avevo adocchiata durante la Settimana della Moda milanese ma poi i’intenso calendario di appuntamenti in programma in quella manciata di giorni non mi aveva consentito di approfondire. Eppure quell’abito giallo acido si era impresso nella mia mente, così come il blazer trasformato in minidress. Quindi, in un ancora caldo pomeriggio di ottobre, ho deciso di far visita a Veronica Leoni nel suo quartier generale milanese, al terzo piano di un palazzo storico del centro. Qui è esposta la sua nuova collezione Quira Primavera/Estate 2023 in tutta la sua pienezza di senso. “Per me un capo deve colpire l’occhio così, già dalla stampella. Nel mondo frenetico in cui viviamo, è importante che riesca ad arrivare dritto al cuore già dalla prima occhiata. Deve essere amore a prima vista, senza necessariamente doverlo vedere indossato”, mi spiega la designer accogliendomi. Classe 1984, nate e cresciuta a Roma, dove ha assorbito tutte le energie di una città costituita su codici artistici trasversali, una laurea in Lettere e un passato – da Jil Sander con la signora Jil prima e da Céline con Phoebe Philo poi – che si è impresso nel suo stile personale, caratterizzandone la femminilità rigorosa, pura e pragmatica.

Purezza, pragmaticicità e sartorialità sono infatti le parole chiave che connotano Quira, il brand personale di Veronica Leoni che ha debuttato nel 2021 ed è giunto alla sua terza collezione: il nome è un omaggio alla nonna sarta, Quirina, da cui la stilista in primis ha attinto quell’attenzione alla costruzione geometrica dei capi che è il tratto distintivo delle sue creazioni. “Questo progetto è nato pre-pandemia, quando il contesto era tutt’altro. Mi aspettavo la direzione creativa di un brand già affermato e invece, a sorpresa, è arrivata la proposta di crearne uno tutto mio. Non è mai stata la mia ambizione ma lì per lì non ho avuto dubbi: era questo che volevo davvero fare”, mi spiega Veronica, con gli occhi che le brillano dall’entusiasmo. Tutto il suo lavoro ruota intorno al prodotto, è così focalizzata su di esso da concepire, talvolta, addirittura i capi pure in sogno, come ci confida. La sua creatività è un fiume in piena ma ha la sua ricerca estetica ha raggiunto una maturità tale da conferire massima coerenza alle sue realizzazioni: il minimalismo dà l’imprinting, la sua passione per i designer giapponesi alimentano il suo studio sulle proporzioni delle silhouettes; e la sua esperienza – di vita e di lavoro – nel nord Europa le ha lasciato l’essenzialità nel metodo e quel guizzo di avanguardia contemporanea. Il tutto con quel funzionalismo tipico del Made in Italy: “I miei capi sono pensati per la quotidianità, per me è importante creare qualcosa che possa diventare una scelta di stile nel tempo. Voglio che chi acquista i miei capi lo faccia perché prova un’attrazione ma, al contempo, possa goderne nell’uso. Ogni prodotto deve emanare energia”, mi racconta ancora la designer spiegando il suo processo creativo.

“Quira è ancora una realtà relativamente piccola e questo mi dà la possibilità di seguire il procedimento in tutte le sue fasi, dall’ideazione di un prodotto fino alla sua realizzazione, che avviene in una fabbrica del mantovano. Questa dimensione corta della filiera è secondo me il valore aggiunto di questo brand, perché ho modo di ricercare tessuti, sperimentare con la maglieria, fare editing e intervenire su ogni pezzo anche in corso d’opera, per affinare al meglio il risultato finale. La vera differenza la fa il parlare la stessa lingua di chi sta in laboratorio”, mi dice lasciando trasparire la sua altissima vocazione artigianale a fare vestiti. Per questo ama trascorrere molto tempo in fabbrica, dove la competenza tecnico-sartoriale diventa la chiave per concentrarsi su volumi, lavorazioni e silhouette che sposano l’eleganza dei nostri tempi: “Tutto ha inizio quando visualizzo, letteralmente, nella mia mente un abito piuttosto che un capotto. Riesco a vedere lo schema delle cose nella mia testa e così le trasformo in un cartamodello e da lì inizia un lavoro di squadra in cui, settimana dopo settimana, si stratificano le informazioni, c’è un confronto sui dettagli, fino al momento finale in cui tutto funziona e si mette insieme un po’ per magia. Ogni volta è un’emozione per me”.

Questa visione matematica, poliedrica ed eclettica della moda si riflette anche sul suo concetto di femminilità che si declina contemporaneamente nella più avvolgente maglieria e nel più austero dei capispalla di taglio maschile, dalle giacche ai cappotti (item, questi ultimi, a cui è legata anche dal suo lavoro alla direzione creativa del womenswear di 2 Moncler 1952, ndr). “Il mio lavoro si concentra nella volontà di ridurre al più essenziale possibile la forma, facendo in modo che la funzione diventi la decorazione della collezione. Si tratta di riuscire a lavorare per sottrazione e lasciare delle impressioni di performance, silhouette e della stravaganza di un outfit personale. Mi piace pensare che gli oggetti possano sembrare semplici, anche se non lo sono affatto. E poi, semplice non vuol dire facile”, sottolinea Veronica. La sua totale dedizione, quasi ossessione, all’atto di fare moda traspare dal modo in cui ci illustra la nuova collezione pezzo per pezzo, ad iniziare da quello che sente come il capo più rappresentativo, un trench che definisce “esploso”: in questo soprabito ha esasperato il processo di decostruzione e ricostruzione di un archetipo, senza scadere mai nell’esercizio scolastico. Cosa che ha fatto anche con il già citato abito-blazer, dove la giacca maschile lasciando parlare il tessuto e la forma. Idem per l’abito da cocktail in duchesse stropicciato: il fiocco non è l’ornamento, è la sostanza. In questo anche il colore gioca un ruolo fondamentale: “I capi in nero sono quelli che definisco i ‘pezzi di stile’, quelli in cui è ben riconoscibile la cifra di ogni collezione. Lo stesso vale per il bianco, in monocromo. Su questa base vado a costruire una palette che è un tutt’uno con il design, in questo caso per la SS23 ho scelto colori spigolosi come il viola e il giallo acido, cercando poi di smussare sopratutto con la maglieria”, ci racconta Leoni.

“Il lessico di Quira è per me qualcosa di molto istintivo, si espande e si evolve con me. Ad esempio, ora sentivo la necessità di inserire una pre-collezione che potesse attingere ancor più al quotidiano, alla vita ‘vera’, di strada. Così ho pensato a capi dall’impronta più casual, che andassero a completare il guardaroba di Quira conferendogli una maggiore liquidità, elasticità. Contaminandolo di realtà. Ci sto lavorando e la lanceremo a breve, non vedo l’ora”. Ecco che con metodo e merito questa giovane designer è riuscita – con sole tre collezioni – a conquistarsi già una fetta di mercato, costruendo una nicchia di clienti affezionati che si riconoscono nel suo stile e, come lei, guardano all’abbigliamento come ad un futuro oggetto da collezione destinato a sollecitare interpretazioni personali. Insomma, nel caso vi fossero ancora dubbi: Quira è assolutamente il brand più da tenere d’occhio alle prossime Fashion Week!

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