Cultura

Alla Scala di Milano la Prima di Fedora con regia di Mario Martone: un’opera thriller tra spionaggio e passioni, cospirazione e vendette, tradimenti e fughe

Pensata da Martone durante la pandemia, alla domanda come la rifarebbe oggi, il regista risponde: "La guerra in Ucraina, le spie russe che sono state scoperte in Italia orienterebbero in qualche modo le mie scelte? Forse"

di Januaria Piromallo

Un’opera thriller che parla di spionaggio e di passioni, cospirazione e vendette, tradimenti e fughe. I protagonisti sono donne e uomini russi alla fine dell’Ottocento, è ambientata nel primo atto a San Pietroburgo, nel secondo a Parigi e nel terzo in Svizzera, abilmente riambientati dal regista candidato all’Oscar Mario Martone in un presente minimalista con richiami retrò come i dettagli dei Borsalino e dei paltò anni ‘50 e per utilizzo di fondali che sembrano usciti da un quadro di Magritte. “Dal gusto quasi concettuale ad un’ astrazione austera. Fedora mi riporta alla Tosca che in preda alla disperazione uccide Scarpia compiendo un gesto estremo. Anche Fedora vuole vendicare il promesso sposo ucciso il giorno prima del matrimonio e alla fine nel crescendo di dramma shakespeariano si avvelena. Un po’ un Sogno di mezza Estate al negativo”, interviene la regista Nina di Majo, che debuttò proprio come aiuto regia a teatro per poi virare felicemente. Fedora interpretata divinamente dal soprano Sonya Yoncheva. Opera di Umberto Giordano su libretto di Colautti dal dramma di Victorien Sardou, quella riservata ai dipendenti del La Scala e a qualche amico e parente del regista e del cast.

Un tocco di nichilismo nel primo atto riporta ad atmosfere Dostoevskijane che conducono a risvolti da giallo politico/spionistico in salsa russa/ucraina. Ci ritroviamo invece in pieno feuilleton e dramma della gelosia. Loris, amante respinto da Fedora, interpretato da Roberto Alagna ci fa illanguidire nell’aria più celebre: Amor ti vieta di non amare…l’amore é ingiusto, buona la morte…

Pensata da Martone durante la pandemia, alla domanda come la rifarebbe oggi, il regista risponde: “La guerra in Ucraina, le spie russe che sono state scoperte in Italia orienterebbero in qualche modo le mie scelte? Forse. Oggi questa visione mi appare ancora più vicina al sentimento che personalmente provo in questi tempi che stiamo vivendo. L’enigma e l’imprevedibile regnano sovrani, noi tutti sembriamo pedine di un gioco del quale, per quanti sforzi facciamo per capirlo, sfugge il senso”. Gli eleganti costumi da festa firmati da Ursula Patzak del secondo atto contrastano con i leggins neri e fascianti del terzo atto più adatti a una seduta di fitness che a una coreografia da paesaggio alpino innevato.

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