Con la nomina di Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana a presidenti del Senato e della Camera rispettivamente, l’estrema destra – con la complicità attiva di sedicenti “moderati” come i non-più-credibili B. e Antonio Tajani – inaugura una nuova stagione politica nella quale l’occupazione di posti di potere da parte di esponenti politici che hanno fatto della violenza, del razzismo e dell’omofobia vere e proprie professioni di fede diventerà la regola, e non troverà significativi ostacoli, almeno nell’immediato, da parte di un’opposizione non solo demoralizzata e confusa dall’esito delle elezioni, ma anche palesemente priva di strategie.
L’onda nera che si sta lentamente e pericolosamente estendendo sulle nostre istituzioni farebbe impallidire persino i personaggi più oscuri delle saghe di Tolkien. E l’impressione che si sia solo agli inizi appare tutt’altro che irragionevole.
Anzitutto, è finita l’epoca in cui alle presidenze delle Camere si eleggevano figure super partes, in grado di favorire il compromesso e regolare il conflitto tra parti politiche. I prescelti di oggi sono più divisivi che mai.
Secondo, è sparita la parità di genere tra le due presidenze: ora abbiamo due uomini, fieramente maschi ed eterosessuali, il cui pensiero e la cui forma di comunicazione sono dichiaratamente razzisti e fascisti e per i quali il compromesso e la parità di genere sono semplici fastidi da evitare. Del resto, se si pensa alle violente campagne denigratorie di cui sono state fatte oggetto le due ultime presidenti donne (Laura Boldrini in versione bambola gonfiabile al comizio di Salvini e Maria Elisabetta Casellati “silurata” proprio dalla destra in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica), si può pensare che il terreno sia stato preparato a lungo per ottenere questo risultato.
La stampa, ovviamente, mostra di adeguarsi fin d’ora al nuovo corso. La tecnica è nota: si indora la pillola, si minimizzano i rischi, si usa un linguaggio rassicurante.
Per il Corriere, Fontana è un “cattolico integrale” che ha solo assunto “posizioni piuttosto nette su diritti civili e temi etici in generale”. Per Repubblica, un “ultrà cattolico”, “tifoso di Putin, [ammiratore di] Orbán e Le Pen”. Per Vanity Fair, un “cattolico tradizionalista e conservatore”. Chissà com’è che ci siamo abituati a pensare che se ti dichiari cattolico e dici che le famiglie Lgbt sono “schifezze” sei solo “integrale”, “tradizionalista” e hai “posizioni nette”, mentre se sei musulmano o vieni dall’Africa puoi essere solo un integralista o un animale. Ecco cosa urlava infatti Fontana a un comizio della Lega del 2017:
Noi vogliamo i Paesi europei ad avere più figli europei, è questo che vogliamo per l’Europa. Vogliamo un’Europa dove il matrimonio sia tra una mamma e un papà e i bambini vengano dati una mamma e a un papà, le altre schifezze non le vogliamo neanche sentire nominare. La priorità è che ci siano più bambini europei in Europa, non gli animali. Sveglia!
Non riuscire a distinguere un cattolico integrale – qualunque cosa questo aggettivo significhi – da un predicatore d’odio è la più chiara manifestazione del fatto che la propaganda delle destre sta funzionando. E bene.
In effetti, Fontana non ha mai nascosto la sua agghiacciante visione del mondo.
Nel suo libro La culla vuota della civiltà, pubblicato nel 2018 a quattro mani con Ettore Gotti Tedeschi e la prefazione di Matteo Salvini, Fontana manifesta un’autentica ossessione per il calo demografico e propone al riguardo un sistema di welfare – come sintetizza la sociologa australiana Melinda Cooper in un suo lavoro – “riservato alle coppie eterosessuali e ai cittadini italiani con almeno vent’anni di residenza, da finanziarsi con imposte sul capitale straniero e l’immigrazione”. Insomma, no alle tasse sui grandi patrimoni – quelle sono battaglie di chi ha a cuore le disuguaglianze – ma sì alle tasse sugli immigrati per pagare la pensione agli eterosessuali italiani.
Per elaborare queste assurde proposte, Fontana deve necessariamente frequentare acrobati della finanza vaticana come Gotti Tedeschi. Come hanno notato i giornalisti Giovanni Tizian e Stefano Vergine, questi, oltre a essere stato presidente dello Ior nei controversi anni 2009-2010, è stato a lungo nel consiglio d’amministrazione di Banco Santander, detentore di debito pubblico italiano. Viene da chiedersi se sia “opportuno che il rappresentante di una società con interessi finanziari così importanti sull’Italia abbia rapporti tanto stretti con esponenti apicali del suo governo”. Del resto, un altro libro di Gotti Tedeschi s’intitola Amare Dio e fare soldi. C’è chi ha trovato la combinazione della cassaforte della felicità. E’ nel cerchio magico del neoeletto presidente della Camera.
Insomma, Fontana fa parte dei sostenitori più entusiasti della teoria della “Grande Sostituzione” di cui parla diffusamente la filosofa Giorgia Serughetti nel suo ultimo libro, Il vento conservatore, di cui consiglio la lettura. Secondo questa teoria, l’immigrazione dall’Africa e i progressi in tema di diritti della donna e delle persone Lgbtqia+ sarebbero parte di un piano di un’élite globalista volto al genocidio della razza bianca, con gli Ebrei, ovviamente, a tessere le tele del tutto da Hollywood e dalle capitali della finanza globale.
Di Grande Sostituzione, ad esempio, parlava l’organizzazione neonazista greca Alba Dorata, che nel 2016 Fontana osannava come necessaria per far “risorgere l’Europa dalle proprie ceneri”. Nota per i suoi piani di pulizia etnica, questa banda di accoltellatori e picchiatori professionisti è stata dichiarata “organizzazione criminale” dai tribunali del Paese e messa giustamente fuori legge. “L’Europa non può fare a meno della Grecia classica, quella che amiamo”, ha detto Fontana, dimenticando che nella Grecia classica quelle che lui chiama “schifezze”, cioè le relazioni tra persone dello stesso sesso, erano socialmente riconosciute e valorizzate. Ma mica si può essere sempre coerenti in politica.
E a proposito di coerenza, il discorso d’insediamento di Fontana è tutto un insistere sulla diversità delle comunità che “hanno formato e fatto grande l’Italia”. “La grandezza dell’Italia è la diversità”, dice. E aggiunge:
Il ruolo del Parlamento … non deve cedere all’omologazione. L’omologazione è lo strumento dei totalitarismi delle imposizioni centrali sull’espressione della volontà dei cittadini. Beato Carlo Acutis disse che tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie. L’Italia deve dare forza alla propria peculiare natura senza omologarsi a realtà estere più monolitiche e a culture che non diversificano. … La diversità non è rottura, non è indice di superiorità di alcune realtà su altre viste erroneamente come inferiori, è espressione di democrazia e rispetto della storia, e la ricchezza dell’Italia e la ricchezza dell’Europa sta proprio nella diversità.
Non lasciamoci ingannare da fatiscente questo inno alla diversità, che non intende mostrare alcun rispetto o apprezzamento per (le) diversità di genere e sessuali, men che meno etniche e razziali. La storia politica di Fontana ci è fin troppo nota per non riuscire a smascherare anche questo malcelato artificio retorico.
Nella narrazione delle destre contemporanee, infatti, “omologato” è chi si conforma alle aspirazioni delle élite finanziarie globali, chi ritiene desiderabile un’Europa che decide per conto degli Stati membri anziché su comando di questi e chi si rassegna al fatto che anche le coppie gay possano creare una famiglia o che le donne possano scegliere di abortire. Fontana sfrutta le parole del giovane Carlo Acutis, che probabilmente si riferiva a tutt’altro, con una precisa finalità retorica: affermare che gli “originali”, cioè loro, quelli di destra, che hanno capito tutto di come va il mondo, sono migliori delle “fotocopie”, cioè noi, poveri schiavi del “pensiero unico” che rifiutiamo di essere illuminati dalle loro verità.
Chissà se Carlo Acutis avrebbe mai immaginato che le sue parole sarebbero state sfruttate da un politico violento, razzista e omofobo come Fontana, in occasione della sua nomina a una delle cariche più importanti dello Stato, per significare esattamente il contrario. Il vero modello di Fontana è Orbán, che nel 2018 dichiarava:
Dobbiamo affermare che non vogliamo che nella nostra società ci siano la diversità, la mescolanza: non vogliamo che il nostro colore, le nostre tradizioni e la nostra cultura nazionale si mescolino con quelle degli altri. Non lo vogliamo. Non lo vogliamo affatto. Non vogliamo essere un paese dove ci sia diversità.
Com’è che si chiama quella dottrina politica che aspira a una cultura monolitica, senza sfumature interne e senza dissensi, si fonda su teorie cospirazioniste e propugna il machismo e il nazionalismo come regole di vita? Ecco, ora quella dottrina è al potere.