Prolifici come loro, forse nessuno, grazie anche allo zampino di John Frusciante e il produttore Rick Rubin. A distanza di sei mesi dall’ultimo disco “Unlimited Love”, i Red Hot Chili Peppers raddoppiano con un altro album nuovo di zecca, “Return of the Dream Canteen”, con 17 brani inediti. Un album ricco di suoni e con il marchio di fabbrica riconoscibile della band, forse non tutte le canzoni sono riuscite, ma c’è da segnalare la carica del primo singolo “Tippa My Tongua”, l’intensità del brano “Eddie”, dedicato al chitarrista Eddie van Halen, scomparso nel 2020 dopo una lunga malattia, il graffio blues in “Carry Me Home” e l’escalation musicale di “Reach Out” da ballad a esplosione rock.
“Siamo andati alla ricerca di noi stessi come abbiamo sempre fatto. – ha spiegato la band – Solo per il gusto di farlo, abbiamo suonato e imparato alcune vecchi brani. In breve tempo abbiamo iniziato il processo di costruzione di nuove canzoni. Una bella chimica che ci ha fatto compagnia centinaia di volte durante il nostro percorso. Una volta trovato quel flusso di suoni e visioni, abbiamo continuato a lavorarci. Con il tempo trasformato in una fascia elastica non avevamo motivo di smettere di scrivere e di fare rock. Ci sembrava un sogno. Quando tutto è stato detto e fatto, il nostro amore l’uno per l’altro e la magia della musica ci avevano dato più canzoni di quante ce ne aspettassimo. Ebbene, ci siamo riusciti. 2 doppi album pubblicati uno di seguito all’altro. Il secondo è significativo quanto il primo, o forse il contrario. ‘Return of the Dream Canteen’ è tutto ciò che siamo e che abbiamo sempre sognato di essere. È pieno di roba. Realizzato con il sangue dei nostri cuori”.
In particolare il batterista Chad Smith ha sottolineato: “Abbiamo appena scritto un po’ di musica, scritto e scritto senza limiti di tempo e abbiamo finito per registrare tutte queste canzoni. Registriamo sempre più di quello che esce su un album, ma spesso vengono lasciati nel caveau o incompiuti o altro. Ma li abbiamo finiti tutti. Ci siamo sentiti come se avessimo troppe buone canzoni per non pubblicare un altro disco. Non è come un disco b-sides o qualcosa del genere. Tutto sembrava buono e giusto”. E così è nato “Return of the Dream Canteen”.