In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della povertà, le organizzazioni che fanno parte dell’Alleanza contro la povertà in Italia sono d’accordo nel chiedere al prossimo governo un rafforzamento delle politiche e dei servizi di contrasto all’indigenza e all’esclusione sociale. Il reddito di cittadinanza, è la posizione della rete di cui fanno parte anche Cgil, Cisl e Uil, va rivisto e migliorato in linea con le proposte finora inascoltate della commissione Saraceno: tra il resto una modifica della scala di equivalenza che penalizza le famiglie numerose, stop alle discriminazioni nei confronti dei cittadini stranieri residenti in Italia, allentamento del vincolo aggiuntivo del patrimonio mobiliare e riduzione del disincentivo ad accettare un lavoro. “Il nuovo Parlamento e il nuovo governo pongano la povertà come priorità, attraverso sia misure di contenimento immediato sia misure strategiche”, chiede Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza, che ricorda come la misura negli scorsi anni abbia salvato dalla povertà assoluta 1 milione di persone. “Siamo disponibili a un confronto”. Intanto Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, risponde ad alcune critiche sul rdc ricordando: “Continuiamo a dire che il 65% del reddito di cittadinanza va al Sud, ma dimentichiamo di dire che il 70% delle prestazioni Covid sono andate al Nord”. Tra cig e bonus per gli autonomi, quelle prestazioni sono costate 60 miliardi contro i circa 8 spesi per il reddito.
“La povertà non è una colpa e il Reddito di Cittadinanza è stato e continua ad essere un indispensabile strumento di contrasto alla povertà”, sottolinea la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi. Sradicare la povertà resta un obiettivo molto lontano perché, come calcolato dall’Istat, ci sono “14,9 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 25,4% della popolazione”, tra cui oltre 5 milioni di poveri assoluti. Si tratta di “numeri insostenibili per un paese democratico”. A causa dell’inflazione e del caro bollette la situazione è destinata a peggiorare. E anche chi lavora è a rischio perché “bassi salari, precarietà, part time involontario non solo non mettono al riparo dall’impoverimento, ma ne costituiscono una causa, ed è proprio l’Inps ad attestare che un lavoratore su tre ha una retribuzione annua lorda sotto i 10mila euro”. Di qui la richiesta di rivedere alcune parti del Reddito di Cittadinanza, rafforzando “la modalità di presa in carico dei beneficiari da parte dei servizi pubblici del territorio che devono operare in modo integrato per attivare tutte le politiche e gli interventi necessari a promuovere inclusione sociale dei beneficiari”. Per la Cgil un altro punto fondamentale è garantire progetti personalizzati e percorsi di formazione per favorire l’inserimento lavorativo, “senza dover sottostare a condizionalità mortificanti”.
Anche Domenico Proietti, segretario confederale dell’Uil, chiede un rafforzamento degli “strumenti di contrasto alla povertà, a partire dal Reddito di cittadinanza” oltre a “politiche orientate alla famiglia e un sistema integrato di servizi pubblici per garantire la presa in carico e assicurare a tutti l’accesso alle prestazioni”. Auspica una revisione della misura anti povertà pure Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, secondo cui però “solo con il lavoro e gli investimenti si può combattere questo fenomeno tristemente dilagante”.