di Massimo Marotta

Con riferimento alla recente notizia uscita nelle pagine dei giornali e social media, circa le dichiarazioni della nostra giocatrice di pallavolo Paola Egonu, è stata riportata in modo differente la frase detta dalla nostra atleta: “Mi hanno chiesto se fossi italiana! È la mia ultima partita” o anche “Mi hanno chiesto perché sono italiana. Ultima partita in Nazionale”.

Ascoltando l’audio della ragazza, registrato da un altro tifoso, si capisce che abbia detto “Mi hanno chiesto perché sono italiana” che, tra le due versioni, è in questa triste competizione sicuramente la peggiore.

Da italiano che vive all’estero da oltre 25 anni, cosa che probabilmente potrebbe ispirare qualcuno a chiedermi se io sia ancora italiano o perché io lo sia ancora, vivendo in una nazione multietnica come Singapore, un episodio del genere fa riflettere molto. Chiedere “perché” in base al solo colore della pelle si può solo definire come razzismo.

Cosa può spingere un idiota, tra l’altro probabilmente appassionato di pallavolo, a fare una domanda del genere ad una giocatrice della Nazionale?

Se fosse stata ragazza straniera che lavorava in Italia, sarebbe la solita storiella degli stranieri che vengono a rubare il lavoro agli italiani, contrapposto all’ideologia che invece siano tutti risorse. Strategia comunicativa della politica a basso livello usata sia da chi crea nemici per difendere il confine, sia da chi lo vuole aprire indiscriminatamente. “Con gli immigrati si fanno molti più soldi che con la droga” diceva Buzzi. Ma a prescindere dal fatto che domande fatte per via del colore della pelle di una persona siano definibili solo come razziste, Paola non è immigrata, è italiana, è nata in Veneto ed è vissuta in Italia per 24 anni, quasi quanto me nonostante io abbia il doppio della sua età.

Alla fino io sono fortunato, nonostante siano 25 anni che “rubo il lavoro” ad altri. Non sono quasi mai stato oggetto di commenti beceri e razzisti. Per carità, ogni tanto qualche commento oggettivo sul fatto che come straniero, anche come professionista, aggiunga competizione al mercato locale lo accetto perché c’è un fondamento di verità. Ma non paragonabile nemmeno da lontano alla tristezza e lo sconforto di una giovane ragazza italiana, figlia di immigrati, un’eccellenza nella pallavolo che deve sopportare tutto questo solo per il colore della pelle.
Ancora peggio in un contesto come quello sportivo dove il sudore, l’impegno, la volontà e l’orgoglio di indossare la maglia della nostra nazionale è ammirevole e dovrebbe essere solo un esempio per tutti.

Paola è italiana, e non solo. È un’italiana di cui andare orgogliosi.

E penso anche ai tanti atleti nati o residenti in Italia fin da piccolissimi che non possono indossare la maglia della nazionale, come ad esempio la saltatrice con l’asta Greta Nnachi, anche lei nata in Italia da genitori immigrati, che a 14 anni ha stabilito un primato giovanile nazionale, ma non essendo italiana non lo ha potuto omologare. Fortunatamente ha ottenuto la cittadinanza – solo ora che ha compiuto 18 anni. E altri ancora, come Malina Berinde, torinese nata nel 2001 in Romania, in Italia dall’età di 3 anni, e campionessa nella corsa a ostacoli.

A chi chiede criteri sulla concessione della cittadinanza italiana, che per carità devono esistere, io sinceramente proporrei di togliere il passaporto italiano a quello pseudo tifoso che ha offeso con la sua domanda razzista la nostra atleta Paola Egonu, per darlo a chi se lo merita di più… ius sanguinis a parte.

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