Francesca Girardi, di 28 anni, nel 2003, a 9 anni, giocando con un amichetto sul greto del Piave, raccolse un evidenziatore giallo che esplose: perse un occhio e tre dita di una mano. "Ce l'ho impresso nella memoria da vent'anni. Brizzolato, con i capelli corti, occhiali e una camicia colorata, di quelle hawaiane"
Francesca Girardi e Greta Momesso, due delle tante vittime di Unabomber, hanno firmato una richiesta di riaperture delle indagini sull’attentatore che tra il 1994 e il 2006 colpì tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, con oggetti esplosivi. Insieme a loro Marco Maisano, giornalista che ha ottenuto l’autorizzazione dal procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo, a esaminare reperti e documenti accumulati durante le indagini. Quello dell’attentatore seriale resta un cold case. Il cronista – autore e conduttore televisivo che ha trasferito tutto questo lavoro d’inchiesta su una serie podcast – ritiene che le nuove tecnologie possano essere analizzati il capello bianco e una traccia di saliva repertati dopo il sequestro dell’uovo esplosivo al supermercato “Il Continente” di Portogruaro.
Molti gli attentati di Una Bomber e tante le vittime mutilate per essersi trovate tra le mani uno degli oggetti confezionati: un tubo di ferro riempito con polvere da sparo e biglie di vetro, un evidenziatore giallo, un tubetto di salsa di pomodoro o un tubetto di bolle di sapone. Tante le domande ancora senza risposta: la pausa fra gli attacchi gli attentati – una prima ondata tra il 1994 e il 1996, poi quattro anni di silenzio e, successivamente, altri sei attentati compiuti con una nuova e diversa tecnologia.
Dai tubi metallici Unabomber passò a ordigni in miniatura confezionati con la nitroglicerina: sul nastro adesivo recuperato dagli investigatori in una delle trappole esplosive, si scoprì che le misure venivano prese in “inch”, pollici anziché centimetri con la misurazione anglosassone. “Bisognava insistere sulla base di Aviano”, ha detto più volte l’avvocato Maurizio Paniz, il legale dell’ingegnere Elvo Zornitta, prosciolto da ogni accusa. “Magari avessero continuato a indagare, avremmo potuto scoprire chi è l’autore, o gli autori, non è matematico che le azioni siano state tutte opera della stessa mano”.
La svolta sul caso Zornitta arrivò nel 2014 con la scoperta della manipolazione di un lamierino trovato in un oggetto inesploso, a opera di un ispettore di polizia. Un elemento decisivo quello del lamierino che in un primo momento portò il professionista alla condanna per poi essere scagionato totalmente. Ezio Zernar, l’ispettore, esperto in balistica, venne poi ritenuto responsabile della manomissione e condannato a due anni.
Prima di questo possibile nuovo scatto nelle indagini l’unico strascico giudiziario era quello legato ai risarcimenti: “Se non fossimo riusciti a scoprire la manomissione del lamierino, forse Zornitta sarebbe ancora in carcere”, ha detto l’avvocato Paniz. A chiedere la riapertura delle indagini c’è appunto Francesca Girardi, di 28 anni, che nel 2003, a 9 anni, giocando con un amichetto sul greto del Piave, raccolse un evidenziatore giallo che esplose: perse un occhio e tre dita di una mano. Oggi racconta della presenza di un uomo sul greto del fiume: “Ce l’ho impresso nella memoria da vent’anni. Brizzolato, con i capelli corti, occhiali e una camicia colorata, di quelle hawaiane. Mia madre si era accorta che un estraneo girava. Lui era lì , ci guardava giocare e ha scelto proprio noi. Non si è trattato di un incidente o di una disgrazia, ma di un atto voluto”. Che sia l’identikit del vero Unabomber?