L'INTERVISTA - Patrizio Pezzotti, direttore del Reparto di Epidemiologia, modelli matematici e biostatistica del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità: "Oggi siamo a 23 milioni di contagiati, è verosimile che ce ne siano almeno altri 15-20 milioni o anche di più mai diagnosticato o che non sia stato segnalato"
La discesa potrebbe arrivare questa settimana e il balzo dei contagi e l’Rt in risalita dovrebbero essere l’ulteriore colpo di coda del Covid, almeno per ora. Ma passata l’ennesima curva il virus avrà infettato la stragrande maggioranza degli italiani – tra contagi ufficiali, sommersi, non segnalati e asintomatici – e in assenza di nuova variante con caratteristiche totalmente differenti da Omicron e le sue “sorelle”, la platea di suscettibili al coronavirus dovrebbe essere sempre più piccola. Patrizio Pezzotti, direttore del Reparto di Epidemiologia, modelli matematici e biostatistica del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, spiega a ilfattoquotidiano.it, che la prospettiva è questa, almeno nel breve periodo. Avendo il virus contagiato (ed in alcuni casi reinfettato) circa 23 milioni di persone ufficialmente e considerando che si può stimare che altrettanti abbiano già incontrato il virus, Sars Cov 2 pensiamo che possa creare sempre meno problemi.
Allora siamo o no di fronte a una nuova ondata?
Le ultime aperture e aver tolto quasi in tutti gli ambienti le mascherine ci ha portato a questa situazione. Tuttavia, la gran parte della popolazione è ora vaccinata e visto che gran parte è stata anche già infettata questo comporta un minor rischio di malattia grave. Inoltre, il virus mutato nel tempo è certamente più trasmissibile ma molti studi ritengono che sia meno patogenico. Quindi, c’è molta diffusione, ma l’impatto sui servizi sanitari è comunque limitato: molti centri clinici comunicano che la maggioranza delle persone infettate da Sars Cov 2 scoprono la positività con un tampone al momento del ricovero per altri motivi e che circa due terzi dei ricoveri non sono dovuti a sintomi respiratori da Covid.
Un dato diffuso dalla Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere mostrava che aumentano i ricoveri degli adulti (+37%) e un calo (-38%) dei pediatrici cioè under 18. Non è un dato anomalo?
Va sottolineato che i ricoveri nei casi pediatrici sono comunque poco frequenti e quindi non posso escludere che sia una oscillazione poco significativa. Spesso si tratta di neonati per cui c’è una forte precauzione dal parte centro clinico, gran parte dei ricoveri sono sotto l’anno di età. In termini di infezioni diagnosticate, due settimane fa abbiamo osservato un aumento delle fasce pediatriche, la settimana scorsa nelle fasce più adulte come se l’epidemia ormai faticasse a diffondersi tra i più giovani.
Cosa significa?
Sicuramente siamo in un fase in cui abbiamo la stessa variante di questa estate. Come già detto prima, l’incremento che abbiamo osservato nelle ultime due settimane è verosimilmente dovuto alle ulteriori aperture che hanno portato a non usare più la mascherina quasi da nessuna parte, ad esempio sui mezzi di trasporto. Ma sembra che sia stato raggiunto un picco proprio negli ultimi 3-4 giorni. Questo però riflette quello che noi ci aspettiamo: siamo in una situazione in cui i suscettibili reali iniziano a essere davvero pochi. Anche se c’è un calo della protezione della vaccinazione, ormai la quantità delle persone che si è presa almeno una volta l’infezione non è molto lontana dall’80%. Con i dati ufficiali siamo intorno al 40%, però sappiamo che esiste una parte di infezioni non diagnosticate e che un’altra parte fa l’auto diagnosi e non necessariamente comunica al proprio medico la positività.
Ma possiamo quantificare i suscettibili? Ovviamente facendo una stima
Non lo sappiamo fare con certezza, ma appunto li possiamo stimare attraverso metodi statistici abbastanza complicati e che hanno margini di incertezza abbastanza grandi. Tuttavia, ci sono pochi dubbi che almeno i due terzi della popolazione sia stata infettata tra febbraio 2020 e ottobre 2022. Anzi, alcuni colleghi più autorevoli di me mi direbbero che sto facendo una stima molto prudente della percentuale di popolazione infettata.
Quindi facciamo ordine con i numeri. Quindi quante persone dobbiamo aggiungere
Mettiamo dei condizionali sempre e sottolineiamo che parliamo di stime. Ci potrebbe essere una quota di contagiati non diagnosticati altrettanto grande di quelli ufficiali: oggi siamo a 23 milioni, è verosimile che ce ne siano almeno altri 15-20 milioni o anche di più mai diagnosticato o che non sia stato segnalato. Quindi siamo intorno al 15-35% di persone che non si sono mai infettate. Ribadisco che parliamo di stime, anche se in linea con quella fatte in altri paesi europei.
Forse per questo la curva cresce di meno di quello che si poteva aspettare?
Nel 2022 abbiamo avuto 15-16 milioni di persone segnalate e pensiamo che in realtà gli gli infettati possano essere stati il doppio, queste persone difficilmente si potranno reinfettare a breve. Se poi aggiungiamo la protezione minima data dai vaccini sulla trasmissione questo vuole dire che siamo abbastanza confidenti che il picco raggiunto in questi giorni dai prossimi giorni e ci aspettiamo che dalla prossima settimana i casi cominceranno a discendere.
Allora possiamo cominciare a parlare di endemizzazione?
Secondo me sì. In alcuni paesi è cominciata anche la convivenza, hanno ristretto la notifica dei casi diagnosticati a sottogruppi di popolazione, ad esempio solo le persone sopra i 65 anni anni, che sono quelle più a rischio di malattia grave. Hanno ridotto anche l’attenzione comunicativa pubblicando solo dati settimanali, se non quindicinali. Noi stiamo e dobbiamo stare in allerta ma non significa che non dobbiamo iniziare a conviverci.
Uno studio pubblicato su Science ormai a inizio 2021 fa parlava di possibili ondate nel 2022 e nel 2023 e un ritorno alla normalità nel 2024. Cosa ne pensa?
Penso che il virus non scomparirà, entrerà a far parte definitivamente delle nostre vite ma che in futuro ci porterà ad avere sempre meno problemi. Deve però rimanere alta l’attenzione all’evoluzione del virus, come già facciamo da tempo per l’influenza.