Uno degli ultimi atti del Consiglio dei ministri del governo Draghi, su proposta del Presidente, è stato quello di deliberare l’approvazione del giudizio positivo di compatibilità ambientale per un progetto di impianto di produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili. Si tratta del Parco eolico Gomoretta che verrà realizzato nel territorio dei Comuni sardi di Bitti e Orune, in provincia di Nuoro e di Budduso, in quella di Sassari. Parco della potenza nominale di 45,045 megawatt, proposto a gennaio 2018 dalla società Siemens Gamesa Renewable Energy Italy.

Complessivamente 13 aereogeneratori di 84 metri di altezza, con un diametro di 132 metri, oltre ad una sottostazione di ricevimento e trasformazione dell’energia elettrica prodotta dagli aereogeneratori e cavidotti interrati a margine della SS 389 Bitti-Buddusù. Insomma uno dei diversi parchi disseminati sul territorio nazionale. Per numero e dimensioni degli aereogeneratori neppure uno dei più impattanti, sembrerebbe. Eppure bollato con parere negativo dalla Commissione Tecnica per la verifica dell’Impatto Ambientale a maggio 2020.

In questa occasione a mostrare contrarietà non sono soltanto le associazioni ambientaliste. Ma praticamente tutte le istituzioni interessate. Che infatti nel procedimento di Valutazione d’Impatto Ambientale hanno espresso parere negativo. Lo ha fatto l’Agenzia forestale regionale per lo sviluppo del territorio e dell’ambiente della Sardegna ad aprile 2018. In precedenza, a marzo, aveva evidenziato incompatibilità con le norme vigenti la Provincia di Nuoro, mentre segnalava “forti criticità” l’Assessorato Difesa Ambiente della Regione. Che restituiva le perplessità di ARPAS, l’Agenzia regionale con compiti di monitoraggio e controllo ambientale. Anche il Comune di Bitti ha mostrato contrarietà, evidenziando l’inserimento paesaggistico “complicato” e l’impatto archeologico sul complesso nuragico di Romanzesu, sul sito Janas di s’Aspru o Conch’ejanas di età prenuragica e sulla Chiesa di San Matteo. Definendolo “un progetto calato dall’alto che non ha previsto una fase di concertazione”, senza contare che l’investimento non consente di rilevare alcuna valenza di pubblica utilità.

Analoga la posizione dell’associazione ambientalista Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus e della sezione della Sardegna dell’associazione Italia Nostra, la quale chiedeva che si dichiarasse “la improcedibilità dell’istanza, secondariamente che venisse dato giudizio negativo alla valutazione di impatto ambientale”. Le motivazioni? Di carattere ambientale e paesaggistico, ma anche urbanistico e, soprattutto, archeologico. Dal momento che “appare non realistico che la matrice predisposta nell’elaborato denominato ‘Identificazione e Analisi degli impatti ambientali’ quantifica in 0 la Valutazione di rischio di impatto archeologico sia in fase di realizzazione che di esercizio dell’impianto”.

E infatti a giugno 2019 ecco la valutazione negativa della Direzione Generale archeologia belle Arti e Paesaggio del Mibact. Valutazione che segue il parere della Soprintendenza Archeologia belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari e Nuoro. Che contattata da ilfattoquotidiano.it dopo la decisione del Consiglio dei ministri ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione. Ma è indubbio che a rimanere sorpresi sono stati in molti.

“Una struttura non voluta dal territorio e che andrà a mettere a repentaglio la candidatura dell’Italia nella corsa per l’assegnazione della sede del progetto Einstein Telescope, uno dei più importanti programmi di ricerca scientifica al mondo”, ha detto Giuseppe Ciccolini, sindaco di Bitti. “Come Assemblea del Parco di Tepilora esprimiamo un fermo no alla costruzione dell’impianto eolico tra i territori di Bitti e Orune. Un no che non si deve intendere come una presa di posizione contro la riconversione energetica dal fossile, contro le rinnovabili e tutte le nuove tecnologie verdi capaci di assicurare energia pulita per le diverse esigenze dei nostri territori”, si legge in una nota del Parco.

“Sembra un paradosso, ma non lo è – sostiene il Gruppo d’Intervento Giuridico – Le virtuose fonti di energia rinnovabile, a cui tutti tendiamo con l’obiettivo di superare definitivamente la lunga stagione dell’energia prodotta dalle inquinanti fonti fossili tradizionali, se non necessarie e nel posto sbagliato, possono costituire una vera e propria sciagura per un territorio. Il progetto, ampiamente contestato dalla popolazione locale, sorgerebbe su un’area di valore ambientale a economia agro-pastorale, in buona parte boscata e tutelata con vincolo paesaggistico e vincolo idrogeologico“.

Intanto la Regione si muove. Un Ordine del giorno presentato da tutti i capogruppo e approvato all’unanimità, impegna il Presidente e la Giunta ad acquisire i documenti relativi alle decisioni assunte dal Governo.

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