L’erba del vicino è sempre più verde. A sentire Maurizio Sarri (e in fondo anche Josè Mourinho, che a lamentele non è da meno) sicuramente non lo è quella dell’Olimpico. Il prato dello stadio della Capitale diventa un vero e proprio caso diplomatico, che ripropone il tema delle infrastrutture in Italia. E una domanda: se quelle degli allenatori non sono solo scuse per il risultato, perché in Italia non riusciamo ad avere campi all’altezza degli standard internazionali?
Non è facile trovare una risposta, e a questo è servito anche il tavolo tecnico convocato tra la Lazio e Sport e Salute, la partecipata governativa che ha in gestione lo Stadio Olimpico e quindi si occupa del suo terreno. Tutto parte dalle dichiarazioni di Sarri, che dopo lo 0-0 in casa contro l’Udinese aveva sbottato: “Il terreno dell’Olimpico è ingiocabile. Se resta così, Lotito dovrà prendere un altro tecnico”. Non è la prima volta che il mister biancoceleste si lamenta, così come lo ha fatto più volte in passato il suo collega giallorosso Mourinho. Le critiche spesso sono arrivate dopo risultati negativi, ma ad onor del vero stavolta Sarri aveva posto il tema già prima della partita, per poi rincarare la dose dopo il match.
Il punto è quanto il campo dell’Olimpico fosse davvero malmesso. Non così tanto, almeno stando ai giudizi ufficiali: come appreso da ilfattoquotidiano.it, solo pochi giorni fa dopo la gara di Europa League contro lo Sturm Graz gli ufficiali Uefa avevano valutato il terreno di gioco con un più che discreto 4 su 5. Addirittura 3 su 3 il giudizio domenica da parte del regista della Serie A. Tutt’altro che un disastro, insomma. Una base di verità però nel Sarri pensiero c’è: mentre all’estero si è passati quasi ovunque al misto sintetico, il campo dell’Olimpico è uno dei pochi ad essere realizzato interamente in erba naturale, con tutti i suoi fisiologici difetti. E questo può rappresentare un problema per il gioco manovrato della Lazio: pare che al termine della rifinitura i difensori biancocelesti avessero detto al mister di non sentirsi tranquilli ad applicare le uscite palla al piede provate in allenamento, cosa che ha fatto andare su tutte le furie l’allenatore.
L’erba è viva e, come tale, meno regolare di altre superfici artificiali. Soprattutto in queste condizioni: se in Premier o in Bundesliga, i due campionati di riferimento quanto a manto erboso, quasi tutte le squadre hanno il loro stadio di proprietà, a Roma c’è un unico impianto pubblico per entrambe le formazioni della Capitale (per non parlare delle competizioni e manifestazioni accessorie, il Sei Nazioni di Rugby a febbraio, i concerti, ecc.). All’Olimpico si gioca troppo e soprattutto ci sono troppi pochi giorni di riposo per intervenire. È solo un altro degli effetti collaterali dell’inadeguatezza infrastrutturale del Paese.
Qualcosa si proverà a fare comunque, come promesso nel tavolo tecnico che è servito a fare la pace (i toni sono stati cordialissimi da parte di Sarri, accompagnato dal direttore sportivo Igli Tare e dal calciatore Milinkovic–Savic), ma anche per trovare delle soluzioni. Nell’immediato, i margini di manovra non sono così ampi: si proverà a compattare di più il campo (rullare troppo l’erba però vuol dire ucciderla, è il solito gatto che si morde la coda) per eliminare i rimbalzi irregolari, e bagnarlo in modo da velocizzare lo scorrimento della palla. L’obiettivo è presentarsi al meglio per il derby del 6 novembre. Qualcosa in più si potrà fare durante la pausa mondiale di novembre. Ma il vero orizzonte è quello della prossima estate: se davvero l’erba non soddisfa più i due tecnici, per il futuro probabilmente la soluzione migliore è quella di passare al misto sintetico. Una filosofia di gioco ma anche un prezzo differente: quasi il quadruplo di costi di manutenzione. Qualcuno dovrà pagarli.