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Iran, 16enne morta dopo pestaggio della polizia: si era rifiutata di cantare un inno a Khamenei

Nell'Iran travolto dalle proteste dopo la morte di Mahsa Amini, emerge un nuovo caso di repressione. La giovane Asra Panahi si era rifiutata, assieme ad altre compagne di classe, di intonare un canto dedicato alla Guida suprema

Nel giorno in cui l’atleta di arrampicata Elnaz Rekabi finisce in carcere a Evin per non avere indossato l’hijab durante un torneo internazionale, un’altra morte scuote l’Iran, da settimane travolto dalle proteste per il caso di Mahsa Amini, la 22enne curda morta in seguito all’arresto da parte della polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. In una scuola di Ardabil, nel nord ovest del Paese, Asra Panahi, studentessa 16enne, è morta dopo un pestaggio da parte delle forze di sicurezza perché, assieme ad altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei. Varie ragazze, ha scritto il Consiglio di Coordinamento del sindacato degli insegnanti, sono state trasferite in ospedale dopo il pestaggio.

I raid nelle scuole – Secondo il sindacato, la ragazza è morta in seguito al pestaggio mentre, in un’intervista trasmessa da un canale televisivo vicino alle guardie della Rivoluzione, un uomo identificato come lo zio di Asra dice che la nipote avrebbe perso la vita per un problema cardiaco congenito. Il sindacato ha denunciato “comportamenti brutali” da parte delle forze di sicurezza che la scorsa settimana hanno effettuato raid in varie scuole del Paese dopo che studentesse di vari istituti si erano unite, filmandosi senza il velo o cantando slogan contro Khamenei, alle proteste in corso da oltre un mese per Mahsa Amini.

Proteste, scioperi e studenti “rieducati” – Sulla repressione delle ultime settimane, anche l’Unione Europea ha preso posizione: ieri in Consiglio Affari Esteri ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni, mettendo nel mirino anche le “presunte” forniture di droni alla Russia. Intanto, nelle ultime settimane, la rivolta è dilagata nelle strade, nelle università e anche tra i lavoratori, con una serie di scioperi a raffica tra operai, insegnanti, avvocati e commercianti dei bazar che hanno interrotto le loro attività in solidarietà con le manifestazioni per Mahsa Amini. Mentre gli attivisti denunciavano limitazioni sempre più frequenti all’accesso a internet, sono proseguite le dimostrazioni per le strade di Teheran, Mashhad, Esfahan, Rasht, Kerman, Chabahar, Karaj, Gargan e Sanandaj, città della provincia del Kurdistan dove nei giorni scorsi si erano già verificati duri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. “Non vogliamo la Repubblica Islamica” e “morte al dittatore” sono alcuni degli slogan intonati dai dimostranti, mentre la protesta è continuata anche in alcuni atenei della capitale Teheran e il direttore della ong con sede a Oslo ‘Iran Human Rights” (Ihr), Mahmood Amiry-Moghaddam, ha denunciato l’escalation di arresti e violenze nei confronti di studenti e scolari.

Tra le migliaia di persone che sono finite in custodia, alcuni studenti sono stati mandati in “centri per il trattamento psicologico”, ha dichiarato il ministro dell’Istruzione iraniano, Yousef Nouri, dichiarando che quando gli esperti “saranno riusciti a rimuovere gli aspetti antisociali del loro carattere, gli studenti saranno stati ‘corretti’ e saranno liberati”. Anche la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha fatto riferimento a “un lavoro a livello culturale” necessario per alcuni tra i dimostranti che ha definito “esagitati“. La magistratura dovrebbe invece occuparsi di “agenti del nemico o in linea con il nemico” presenti nelle manifestazioni, ha detto accusando l’Occidente di avere incoraggiato le proteste in reazione allo sviluppo economico dell’Iran. “L’unico modo per risolvere il problema è la resistenza“, ha tuonato Khamenei criticando le “potenze arroganti” che per contrastare le mosse dell’Iran verso lo sviluppo avrebbero “elaborato piani stupidi, fornito sostegno finanziario e anche portato alcuni politici dagli Stati Uniti e dall’Europa sul teatro” delle dimostrazioni per Mahsa. “Non permetteremo a nessuna parte dall’interno o dall’esterno dell’Iran di prendere di mira la sicurezza nazionale del Paese”, ha affermato invece il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian, contestando “l’ingerenza dell’Europa nei nostri affari interni”. E a seguito delle sanzioni decise dall’Europa, l’Iran ha garantito: “Reagiremo”.