“Non abbiamo alcun segnale che la Russia si stia preparando a usare armi nucleari”. Così la scorsa settimana il capo dei servizi segreti britannici (GCHQ) Jeremy Fleming aveva commentato l’intensificarsi di minacce da Mosca. Ma le parole delle agenzie d’intelligence non bastano a superare la paura innescata dalle bellicose minacce di Putin. A provarlo una volta di più è la notizia che i paesi occidentali stiano approntando “piani di emergenza civile” per affrontare il caos interno che l’uso di un ordigno sul campo ucraino (o fuori) potrebbe generare. Da tempo sono in corso riunioni a porte chiuse su come la Nato risponderà a questa eventualità. Funzionari occidentali di alto livello internazionale, citati da diverse testate tra cui l’Observer, starebbero approntando una “prudente pianificazione”, dietro le quinte, per contenere il panico. La rivelazione è avvenuta venerdì scorso a margine di un briefing per bocca di un funzionario a cui è stato chiesto se siano allo studio misure per prevenire acquisti mossi dal panico o persone che fuggono in massa dalle città per paura di un’escalation dopo un evento nucleare.
Il “piano”, anche nelle sue linee generali, è top secret. Il Times però fa riferimento ad alcune azioni tipiche che hanno anche una sorta di “tradizione”, come le campagne di informazione pubblica e le esercitazioni scolastiche su come sopravvivere a una guerra nucleare, caratteristica della guerra fredda, inclusa la campagna Duck and Cover negli Stati Uniti negli anni ’50, Protect and Survive dal Regno Unito alla fine degli anni ’70 e “Ognuno ha un chance” nella Germania occidentale all’inizio degli anni ’60.
Queste campagne sono state anche oggetto di notevoli critiche e parodie per il loro suggerimento che potrebbe essere possibile sopravvivere a un conflitto nucleare “totale”, anche se in questo caso l’obiettivo dovrebbe essere quello di prevenire il panico pubblico sulla paura di un’escalation nucleare incontrollata che potrebbe portare a prendere di mira grandi città.
Kate Hudson, storico segretario generale della Campagna per il disarmo nucleare (CND) in Gran Bretagna, ha dichiarato: “Questa ‘prudente pianificazione’ si rifà alla campagna Protect and Survive del governo britannico dell’era della guerra fredda, che è stata fermamente condannata dalla Campagna come fuorviante, facendo immaginare che si possa sopravvivere a un attacco nucleare imbiancando le finestre e con altre misure irrilevanti”.
Sul piano propriamente militare, l’Occidente non vuole precisare come potrebbe rispondere in caso di uso di testate nucleari, tattiche o meno, “per preservare una deliberata ambiguità – scrive l’Observer – e venerdì il funzionario non sembrava allettato dalle ipotesi su cosa potrebbero mai fare i paesi dotati di armi nucleari. L’aspettativa è che, per evitare una rapida escalation, qualsiasi risposta iniziale non sarebbe nucleare”.
Giovedì, Emmanuel Macron ha rotto i ranghi e ha detto che non avrebbe ordinato una rappresaglia se ci fosse stato un attacco nucleare russo in Ucraina. Il presidente francese ha precisato che gli interessi fondamentali del Paese “non sarebbero per niente toccati direttamente se, ad esempio, ci fosse un attacco nucleare balistico in Ucraina, nella regione”. C’è anche un’ altra quesitone di fondo dietro questa prudenza diffusa: l’Europa infatti è ben lontana dall’avere un scudo di difesa in grado di tener testa alla potenza di fuoco di Mosca, con le sue 6mila testate che sono più di quelle di Usa, Francia e Inghilterra messe insieme. Ne sta progettando uno ma non sarà pronto prima del 2030, ragion per cui il leader del Ppe Manfred Weber aveva invocato la necessità di approntare subito un “ombrello nucleare” europeo.
L’Europa infatti ha giusto il sistema di protezione missilistico Nato, la Bmd (Ballistic missile defense) sviluppato a partire dal 2010 con centro logistico nella base di Ramstein in Germania. Di fatto un sistema radar con intercettori che da vari Paesi rispondono via terra e via mare ma non ai missili ipersonici come lo Zircon mostrato da Putin alla vigilia di Natale, in grado di viaggiare in atmosfera a 11mila km/h e di eludere sistemi di difesa come BMD. Il progetto di uno scudo Ue è già partito nel 2019 ma è in fase iniziale. Si chiama Twister, acronimo per “Timely warning and Interception with space-based theater surveillance”, ed è finanziato dal Fondo europeo per la difesa con sei Paesi trainanti tra cui l’Italia. In una nota della Mbda, il gruppo europeo che si sta occupando dello sviluppo, partecipato al 25% dall’italiana Leonardo, lo ha definito come “un intercettore endo-atmosferico europeo per affrontare minacce aeree emergenti e complesse (missili cruise ipersonici, veicoli di volo ipersonici, missili balistici di manovra)”. Ma come detto, solo tra otto anni sarà pronto per integrarsi a quello Nato.