Che la politica sia quasi sempre in ritardo a dare risposte ai veri problemi delle persone – famiglie, imprese, lavoratori, disabili, immigrati e altre categorie svantaggiate – non è una novità. Da mesi si parla del caro indiscriminato e insopportabile delle bollette di luce e gas.

Poiché non mi bastava la sola e semplice risposta che tutto ciò fosse provocato dalla guerra in Ucraina, ho fatto delle ricerche per comprendere i motivi di tale esorbitante rincaro. Non so quanti lettori abbiano mai sentito parlare del cosiddetto “sistema di prezzo marginale” applicato in Europa, per stabilire il prezzo dell’energia elettrica. Per comprendere questo sistema c’è bisogno di descrivere brevemente il funzionamento del mercato tra domanda e offerta.

Da una parte ci sono i produttori dell’energia elettrica, una serie di aziende che la producono a partire da solare, eolico, idroelettrico, petrolio, carbone, gas; dall’altra ci sono i consumatori, cioè tutti noi. Posizionata al centro tra domanda e offerta c’è in Italia il Gme (Gestore dei Mercati Energetici) che stabilisce il Pun (Prezzo Unico Nazionale).

Lo stesso gestore, che possiede la stima di quanta elettricità occorra a soddisfare il bisogno del nostro Paese, inizia a “raccogliere l’energia” sulla base delle dichiarazioni dei produttori circa la quantità dell’energia prodotta e il prezzo dichiarato sul mercato indipendentemente dalla fonte di produzione.

Tale raccolta viene fatta dal Gme, iniziando da quelli che hanno dichiarato il prezzo più basso, che per ovvie ragioni sono i produttori di energie rinnovabili, per il semplice fatto che non debbono acquistare l’energia primaria: carbone, petrolio, gas. Facendo poi entrare nella raccolta, per saturare il fabbisogno nazionale, quelli con il prezzo più alto: le centrali termoelettriche a gas, che per funzionare e produrre energia sono obbligate ad acquistare la materia primaria, il gas appunto, al prezzo del mercato corrente, che inevitabilmente influisce sui costi di produzione.

Ora arriviamo al punctum dolens.

In Europa il prezzo viene stabilito a partire dall’ultima offerta accettata, quella più alta: la cosiddetta “offerta marginale” ricordata sopra. Ciò significa che tutti i produttori – sottolineo tutti, anche quelli che producono rinnovabili – vengono pagati al prezzo dell’ultima offerta che è inevitabilmente quella del gas, cioè quella più alta.

Per fare un esempio, colui che entra in un centro commerciale e acquista diversi articoli in più negozi – biancheria intima, spesa alimentare, vestiti e magari un gioiello per fare un regalo – è costretto a pagare tutto ciò che ha acquistato allo stesso prezzo di quello del gioiello che inevitabilmente è il più alto. Questo sistema del prezzo marginale è stato introdotto in Europa per incentivare la produzione delle energie rinnovabili.

Per carità, magari prima della guerra in Ucraina poteva avere anche un senso, ammesso e non concesso che per invogliare la produzione delle rinnovabili non ci fosse un sistema migliore. Capita spesso, però, che quando s’inventano i sistemi per stabilire il giusto prezzo tra domanda e offerta non si prevede mai che le cose potrebbero improvvisamente cambiare in peggio in ordine al prezzo della materia prima da utilizzare per produrre energia, che essendo quella più alta detta il prezzo di tutte le aziende produttrici, così da rendere il sistema fortemente penalizzante per tutti i consumatori. Come d’altronde è avvenuto in questo caso.

Ma al di là delle previsioni, giacché da ben sette mesi stiamo assistendo all’aumento vertiginoso delle bollette a causa dell’aumento del gas, mi chiedo da semplice cittadino europeo: perché non si è intervenuto subito a modificare questo “sistema del prezzo marginale”? Chi deve farlo è la politica, che non è chiamata a dettare slogan elettorali ma a risolvere i problemi concreti dei cittadini.

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