La situazione più grave è certamente quella nel Paese che insieme all'Iraq è stato travolto dalla guerra civile del 2011 e successivamente dall'avanzata dell'allora Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi. Erano 15 anni che l'infezione non si manifestava. Malattia che si diffonde anche in Libano e a favorire la diffusione della malattia sono stati siccità prolungata e livelli troppo bassi delle acque dell’Eufrate, oltre alla povertà ormai diffusa
Guerra, collasso economico, crisi umanitaria. Per motivi diversi Siria e Libano condividono un presente fatto di sofferenza che oggi rischia di aggravarsi a causa del ritorno del colera. Mentre nel Paese di Bashar al-Assad, messo in ginocchio dal conflitto esploso nel 2011, i numeri sono quelli di un’epidemia, con 13mila casi sospetti e 60 morti senza che si registrassero singoli episodi dal 2007, Beirut presenta ancora un numero di casi inferiore, ma in rapida ascesa: 169 in meno di due settimane.
Siria, la nuova guerra è quella al colera
La situazione più grave è certamente quella nel Paese che insieme all’Iraq è stato travolto dalla guerra civile del 2011 e successivamente dall’avanzata dell’allora Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi. Erano 15 anni che l’infezione non si manifestava, ma adesso i numeri sono diventati preoccupanti, come fanno sapere da Medici Senza Frontiere (Msf) che sta supportando un centro di trattamento per il colera da 65 posti letto a Raqqa, dove in sole due settimane sono stati ricoverati quasi 600 pazienti, di cui un terzo in gravi condizioni. Secondo il Raqqa National Hospital, riporta un comunicato di Msf, non si registravano casi di colera confermati nel nord-ovest del Paese dal 2007.
Libano: malattia in arrivo dalla Siria, ma ha trovato terreno fertile nella crisi
L’epidemia si è estesa anche in Libano dove team di Msf stanno portando avanti attività di sensibilizzazione a Beirut, nella valle della Bekaa e nel distretto di Akkar, dove è stato registrato il primo caso. Si parla di 169 persone malate e cinque decessi in appena due settimane. Durante una conferenza stampa, il ministro della Sanità, Firas Abiad, ha detto che la maggior parte dei casi di infezione si sono registrati tra le comunità di profughi siriani nelle depresse regioni del nord-est del Libano.
Ma a favorire la diffusione della malattia, spiegano, sono stati siccità prolungata e livelli troppo bassi delle acque dell’Eufrate. Nelle campagne vicino al fiume, la principale fonte idrica per le comunità colpite, ci sono piccoli impianti di trattamento delle acque, ma molte comunità si recano comunque al fiume per rifornirsi dell’acqua che però è contaminata. Anche perché la crisi economica che ha stravolto il Libano ha aggravato la situazione sanitaria nel Paese, con più dell’80% della popolazione residente vive ormai in stato di povertà.