di Maria Elena Iafolla
L’intelligenza artificiale ha registrato negli ultimi anni enormi progressi, avvicinandosi sempre di più al mondo delle imprese e, dunque, del lavoro. Nonostante si pensi all’intelligenza artificiale come “rivoluzione del futuro”, infatti, molti di questi sistemi sono già ampiamente sfruttati per le applicazioni più diverse, come ad esempio l’analisi dei dati e dei processi di gestione, le tecnologie indossabili, i dispositivi di protezione individuale “intelligenti” o i cosiddetti cobot, i robot collaborativi.
Cos’è l’intelligenza artificiale?
Non è semplice inquadrare l’intelligenza artificiale in una definizione, proprio perché si presta a diverse interpretazioni e applicazioni. L’intelligenza artificiale è una disciplina moderna – seppur non quanto ci si aspetterebbe – che appartiene all’informatica, ma è influenzata da numerose altre materie, quali la filosofia, la matematica, le neuroscienze, la psicologia, le scienze cognitive e la linguistica.
I sistemi hardware e software che vengono così costruiti e programmati forniscono prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana (Somalvico, L’Intelligenza Artificiale, 1987, Rusconi Editore, Milano). Obiettivo della materia non è però quello di ricostruire in qualche modo l’intelligenza umana, ma piuttosto di emularla, anche con meccanismi differenti da quelli propri dell’uomo, ma in ogni caso capaci di fornire prestazioni qualitativamente e quantitativamente almeno equivalenti a quelle umane.
Intelligenza artificiale e lavoro: le opportunità
Il dibattito in tema di IA riguarda per lo più la quantità di posti di lavoro e dunque il rischio di una sensibile riduzione per la possibilità di impiegare macchine di intelligenza artificiale. Vale la pena. tuttavia, anche di soffermarsi a riflettere sui vantaggi e le opportunità che ne potrebbero derivare.
Si pensi, ad esempio, all’utilizzo dei cosiddetti cobot: si tratta di robot collaborativi, concepiti e creati per interagire fisicamente con l’uomo all’interno dello spazio di lavoro, imparando ed adattandosi ai dati che ricevono, attraverso sistemi di machine learning. Questi sistemi consentono, innanzitutto, di affidare alle macchine i compiti ripetitivi, le attività pericolose o svolte in luoghi pericolosi o impervi. D’altra parte, la collaborazione uomo-macchina può agevolare l’accesso al lavoro di molte persone che ne restano potenzialmente escluse, per esempio aiutando i lavoratori con disabilità o o più fragili nello svolgimento di talune attività.
Innegabili vantaggi possono derivare anche dall’uso di dispositivi di protezione individuale intelligenti, che consentono il monitoraggio in tempo reale dei pericoli e permettono così anche la segnalazione tempestiva in caso di problemi di salute e malori, incidenti, esposizioni dannose.
Optimus, il robot di Tesla
Lo sfruttamento di queste tecnologie su larga scala potrebbe essere più vicino di quanto si possa pensare: sono molti i progetti di innovazione e ricerca che possono avere impatti diretti sulla quotidianità delle imprese e del lavoro.
Solo pochi giorni fa, Elon Musk ha portato Optimus sul palco del Tesla’s AI Day: il robot umanoide sarebbe stato pensato per svolgere alcune specifiche mansioni nei settori del trasporto e della logistica e potrebbe essere già sul mercato tra tre anni, ad un costo di circa 20.000 dollari.
*Avvocato, esperta di nuove tecnologie, privacy e cyber-security, anche in relazione alle tematiche giuslavoristiche. Socia del Centro Studi Informatica Giuridica Ivrea – Torino e Presidente dell’associazione DFA – Digital Forensics Alumni.