Moda e Stile

Può una conceria essere sostenibile? Siamo stati a visitare la Presot che ha una produzione a rifiuto pressoché zero: ecco come

“Siamo l’unica conceria di cuoio rimasta attiva nel Nord Italia e, non facendo uso di prodotti chimici, lavoriamo ancora secondo un percorso naturale di concia che prevede tempi lunghi, ritmi più lenti e tre sole linee di produzione. Lottiamo per dimostrare che, se si vuole, si possono scardinare i luoghi comuni legati all’inquinamento della concia", ha raccontato Eugenia Pestot a FQMagazine

di Ilaria Mauri

Può una conceria, impresa potenzialmente tra le più inquinanti, essere sostenibile? La risposta è sì. Siamo in Friuli, sulle sponde del Lago Presot, a due passi dall’omonimo castello: a cavallo (letteralmente) dei comuni di Pordenone e Porcia c’è la Conceria Presot, che dal 1932 produce “un cuoio tutto naturale e conciato senza l’utilizzo di sostanze chimiche”. Ovvero “utilizza esclusivamente una miscela di tannini vegetali che conferiscono al cuoio caratteristiche uniche, oltre alla tinta Presot”. La concia a base di corteccia, radici, foglie e rami fa sì, infatti, che il cuoio prenda un inconfondibile colore biondo che lo rende poi il tratto distintivo delle suole delle scarpe delle grandi griffe del lusso, da Gucci a Hermés, Prada e Santoni. Per fare ciò, l’azienda sfrutta l’energia idroelettrica prodotta dalle acque del lago insieme a pannelli fotovoltaici e raggiunge la totale sostenibilità ambientale del suo ciclo produttivo grazie ad un sistema circolare di sostenibilità che le consente di avere una produzione a rifiuto pressoché zero. Proprio questa filiera attenta all’ambiente, un unicum tra le industrie conciarie in Italia, unita ai 90 anni di tradizione artigianale, fanno di quest’impresa un’eccellenza del Made in Italy, oltre che un esempio virtuoso di come, se c’è la volontà, anche il processo potenzialmente più inquinante può diventare sostenibile.

Sorta nei locali di un’antica fabbrica di ceramiche, la Conceria Presot è anche una delle aziende a conduzione familiare più antiche del panorama italiano ed europeo: a guidarla oggi c’è infatti la quarta generazione, Achille Presot, con Eugenia e Federico Presot, gli eredi del fondatore Pietro Presot. “La conceria produce ancora oggi il cuoio seguendo gli stessi processi lavorativi dei suoi esordi”, ci spiega Eugenia Presot, guidandoci alla scoperta del processo che da novant’anni si compie tra queste solide mura di mattoni, con grandi tavoli da lavoro e macchinari all’avanguardia. Chiunque potrà visitarla il prossimo weekend: la Conceria Presot è infatti una delle oltre 100 aziende che il 22 e il 23 ottobre saranno aperte al pubblico nell’ambito dell’iniziativa ApritiModa, ideata da Cinzia Sasso per rivelare il “dietro le quinte” di un comparto, quello del lusso, che tutto il mondo ci invidia.

“Siamo l’unica conceria di cuoio rimasta attiva nel Nord Italia e, non facendo uso di prodotti chimici, lavoriamo ancora secondo un percorso naturale di concia che prevede tempi lunghi, ritmi più lenti e tre sole linee di produzione. Lottiamo per dimostrare che, se si vuole, si possono scardinare i luoghi comuni legati all’inquinamento della concia: perseguire con consapevolezza l’eccellenza è sempre stato il nostro obiettivo”, ci racconta ancora la signora Eugenia. Una filosofia solo apparentemente in contrasto con la frenesia che contraddistingue il mondo della moda, tra ordini last minute e richieste impossibili: “Certamente per noi non è facile programmare, ma sopperiamo con la disponibilità di un ampio magazzino pronto a soddisfare ogni domanda. Il nostro cuoio riposa dai 2 ai tre mesi nelle vasche di concia, acquisendo così anche quelle caratteristiche di impermeabilità, flessibilità, resistenza e leggerezza che sono state cruciali per la nomina a fornitore ufficiale per gli scarponi degli alpinisti della spedizione italiana sul K2 del 1954 da parte dell’allora Commissione Nazionale delle Ricerche”, ci dice ancora la titolare. Il ciclo produttivo della Conceria Presot inizia con le pelli grezze che arrivano sotto sale come scarto dell’industria alimentare: si tratta di pelli bovine provenienti da allevamenti che qui vengono trasformate in cuoio di altissima qualità che diventa, appunto, suola per le scarpe di lusso ma anche componente degli oggetti d’arredo di design. Il processo di concia avviene nelle vasche con i tannini vegetali, alimentate dall’energia prodotta dalla centrale idroelettrica interna, cosa che rende l’azienda in gran parte autonoma dal punto di vista del fabbisogno energetico. Un grande plus soprattutto di questi tempi, con i prezzi del gas alle stelle a causa della guerra in Ucraina. Ma non solo: anche l’acqua utilizzata per la concia viene poi recuperata, purificata e destinata ad attività secondarie, come la pulizia dei locali. Ecco perché la Conceria Presot può vantare oggi il primato assoluto di essere a rifiuti zero, con ogni prodotto di scarto dal ciclo di lavorazione principale che viene reimpiegato in ulteriori lavorazioni di recupero. “Qui nulla viene buttato né sprecato. Mi piace dire che lavoriamo in equilibrio con l’ambiente che ci circonda. Un tempo questa fabbrica si trovava in campagna, oggi siamo in pieno centro abitato: questo ci fa sentire ancora di più la responsabilità di rispettare la comunità che ci ospita con un’attenzione ulteriore all’ambiente. Condividiamo aria e acqua, per questo abbiamo indirizzato tutte le nostre scelte e i nostri investimenti nella direzione della sostenibilità: nel 2018 abbiamo raggiunto la certificazione della circolarità del processo e tutt’oggi proseguiamo gli sforzi per l’autosostenibilità. D’altra parte, già partiamo riciclando quelli che sono gli scarti di un’altra industria, l’alimentare. Ne va non solo della salute dei nostri concittadini, ma in primis della nostra”, sottolinea Eugenia Presot.

E alla sostenibilità ambientale della conceria si unisce, il valore della “sostenibilità sociale”: tra le diverse iniziative che Eugenia e i fratelli mettono in campo c’è infatti anche l’orto aziendale”, creato negli spazi di grande pregio paesaggistico e naturalistico dell’azienda. È gestito dai dipendenti durante le pause e nel tempo libero e non è solo un luogo di aggregazione: “I nostri lavoratori sono per lo più cittadini stranieri arrivati in Italia da situazioni di grande instabilità, scappando da zone di guerra e dopo aver vissuto numerose traversie. Nell’orto non solo coltivano verdure, ma abbiamo anche una ventina di galline che producono uova: loro possono portare a casa tutti questi prodotti, un piccolo aiuto in questi tempi di crisi”. L’attenzione verso i propri dipendenti si è vista anche negli anni della pandemia, quando la famiglia Presot ha deciso di continuare a produrre così da evitare la cassa integrazione: “Essendo collegati all’industria alimentare, abbiamo avuto l’opportunità di non fermarci durante i lockdown e ne abbiamo approfittato. Abbiamo continuato a fare il nostro cuoio anche quando le richieste erano zero, perché il mercato era fermo. Sono stati tempi duri, il 2021 è stato l’anno più difficile. Riempivamo i magazzini senza sapere se poi quel prodotto sarebbe stato mai venduto o se fosse in linea con gli ordini delle case di moda”. Oggi per fortuna il mondo della moda italiana va a gonfie vele e quello che all’epoca sembrava un azzardo si è rivelato un vantaggio, frutto della lungimiranza con cui viene condotta questa azienda emblema del Made in Italy.

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