Cussy Mary Carter ha diciannove anni, è intelligente, indipendente, con un’insaziabile sete di sapere. E ha – letteralmente – la pelle blu: ultima testimone vivente di un piccolo Popolo, realmente esistito, che superstizioni e maldicenze hanno segregato nelle zone più impervie dei monti Appalachi. È l’indimenticabile eroina di un romanzo davvero straordinario che, dopo aver venduto oltre un milione di copie negli Stati Uniti (uno dei pochi megaseller di questi anni) e conquistato le classifiche di New York Times, Los Angeles Times e USA Today, esce ora nelle librerie italiane e in dieci altre lingue: La ragazza blu (Libreria Pienogiorno).
“Anni fa”, racconta a FqMagazine la pluripremiata autrice, Kim Michele Richardson, “mi sono imbattuta nelle storie degli eroici bibliotecari degli anni della Grande Depressione e nel Popolo Blu del Kentucky, una popolazione a cui un’alterazione genetica aveva colorato la pelle di un blu cielo, pronto a scurirsi maggiormente a ogni emozione. Non riuscivo a smettere di pensarci. Volevo raccontare quella forza e quella unicità. Erano storie così ricche, magnifiche, emblematiche, così adatte anche ai nostri tempi, all’esperienza delle donne soprattutto, che mi stupiva di non averle ancora viste in un romanzo, che non fossero nemmeno una nota a piè pagina della storia della letteratura. Sapevo che era venuto il momento che il mondo facesse la loro conoscenza, che potesse incontrare le gloriose “donne dei libri” del Pack Horse, il grande progetto per la diffusione della lettura nelle zone più remote, e l’incredibile realtà del Popolo Blu delle montagne”.
Si chiama metemoglobinemia la rarissima alterazione che causa la pelle blu. Negli Stati Uniti fu scoperta per la prima volta nella famiglia Fugate di Troublesome Creek, nel Kentucky orientale. Nel 1820 Martin Fugate, un orfano francese, arrivò in Kentucky per chiedere un’assegnazione di terra nelle zone più isolate e selvagge dello Stato. Sposò una kentuckiana purosangue coi capelli rossi e la pelle chiara, non avevano idea di cosa li aspettava. Le probabilità che, a un oceano di distanza, la sposa di Martin fosse una donna portatrice dello stesso gene recessivo erano minime, eppure… quattro dei loro figli furono blu. La maggior parte di loro visse molto a lungo, senza alcuna seria malattia che potesse essere collegata al colore della pelle, che tuttavia nelle discriminazioni li poneva al di sotto anche dei pochi neri che vivevano da quelle parti. È in questo quadro che si sviluppa il racconto – “un autentico gioiello” per il Publishers Weekly – di Kim Michele Richardson, che si è aggiudicato ben ventisei riconoscimenti letterari: “Le ricerche sono la parte che preferisco del processo di scrittura. Ho passato migliaia di ore a esplorare ogni aspetto, dalla flora alla fauna al folklore al cibo, come pure le tradizioni locali. Ho risieduto in quelle zone per trascorrere del tempo con le persone, che mi hanno insegnato le canzoni e la lingua del loro popolo e dei loro antenati. Poi ho frugato negli archivi, sfogliato vecchi giornali, foto, documenti, dagherrotipi. La mia casa è stata per mesi e anni invasa da pile di fogli, e da centinaia di bigliettini e post-it sparpagliati ovunque, nello studio, in cucina, sugli scaffali. Altre indagini mi hanno portata a studiare la storia delle città minerarie, a parlare con medici, a consultare ematologi per analizzare a fondo la metemoglobinemia congenita”.
Cussy, la protagonista, detta Bluette, non ha ereditato dai suoi avi solo il suo colore. Sa leggere, cosa rara su quei monti negli anni Trenta della Grande Depressione, e a maggior ragione per una donna. È molto bella. Ma ancor più è orgogliosa, determinata, curiosa di imparare ogni cosa. Per questo è stata subito entusiasta di aderire all’innovativo progetto voluto da Eleanor Roosevelt. A dorso di un mulo, il suo compito è portare libri e giornali nelle zone più impervie, pericolose e disagiate. Non solo un impiego, di più: una missione, perché per molti quelli sono gli unici spiragli di luce in una vita di lotta e sopraffazione. Nonostante crudeli pregiudizi, nonostante suo padre per proteggerla cerchi di affibbiarle un marito qualsiasi, nonostante un fanatico predicatore le dia la caccia per purificarla a forza dal suo peccato blu, Cussy non smette di bramare e difendere la libertà che la cultura e il suo lavoro le danno. E nemmeno di combattere per il suo riscatto, la sua indipendenza, l’amore che sente di meritare.
“Sono cresciuta io stessa nella stretta della povertà”, racconta ora l’autrice. “Ho trascorso i miei primi dieci anni di vita in un orfanotrofio rurale del Kentucky, poi sono stata data in affido e mi sono ritrovata senza casa all’età di quattordici anni. Capisco bene le persone emarginate e provo grande empatia per Cussy Mary e la sua famiglia, per chiunque abbia dovuto o debba vedersela con i pregiudizi e le avversità. Ricordo un’estate solitaria, stavo da una famiglia affidataria e andai per la prima volta in una biblioteca e scelsi un libro. La bibliotecaria si accostò e mi disse tranquillamente: “Solo uno? Hai l’aria più intelligente di così, e scommetto che riusciamo a trovartene più di uno”. Mise le mani sotto il bancone, tirò fuori un sacchetto di carta marrone, lo aprì e me lo porse, poi mi accompagnò lungo scaffali pieni di libri magnifici. Ero sconvolta di poter prendere più di un libro, figurarsi un sacchetto pieno, e rimasi colpita dalla sua compassione, gentilezza e saggezza. Gli uomini e le donne dei libri sono ancore di salvezza per così tante persone, ci danno risorse vigorose per aiutarci a diventare forti. È una forza, quella della parola scritta, che rischiamo di dare per scontata, eppure è così potente, taumaturgica, a volte rivoluzionaria”.
È proprio quel che La ragazza blu riesce a fare, come testimoniano le centinaia di migliaia di recensioni entusiaste di lettori e lettrici, che ne hanno fatto un fenomeno del passaparola. “Cussy in fondo è l’emblema di ogni esclusione, e di ogni emancipazione, di ogni riscatto. Uno dei passaggi del romanzo a cui sono affezionata è quando una delle protagoniste prende la mano di Cussy, nonostante conosca bene le conseguenze di essere amica di una Blu, e dice una verità semplicissima: ‘Alle nostre mani non importa se sono di colore diverso‘”.